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lupo in foresta

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

tutto mi aspettavo, ma non che l'Organizzazione delle Nazioni Unite chiudesse le porte della sua sede a Ginevra per quasi un mese a causa di problemi finanziari. Eppure è successo: il Palais des Nations (chiuso dal 20 dicembre) non riaprirà prima del 12 gennaio. In questo modo, ha spiegato la portavoce Alessandra Velllucci, si risparmierà sui costi per riscaldare i locali e sulla corrente elettrica. I lavori però non si fermano: il personale lavora da casa.

D'altronde, durante la pandemia, il telelavoro era la normalità…

Ora vi lascio alla lettura delle notizie del giorno.

lupo in foresta
© Keystone / Michael Buholzer

Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha deciso di prolungare l’effetto sospensivo dei ricorsi presentati da tre organizzazioni di difesa della natura contro l’abbattimento preventivo di alcuni branchi di lupi nei cantoni Grigioni e Vallese. Il provvedimento rimarrà in vigore finché il TAF non avrà preso una decisione definitiva al riguardo. L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) e i due Cantoni in questione avevano chiesto l’annullamento della sospensione.

Proprio l’UFAM ha approvato a fine novembre 2023 le richieste di regolazione preventiva presentate dalle autorità cantonali vallesane e grigionesi. Il Vallese ha autorizzato l’eliminazione dei branchi Nanz (almeno cinque lupi), Le Fou-Isérables (almeno quattro) e Les Hauts-Forts (almeno tre). I Grigioni hanno dal canto loro dato il via libera all’abbattimento dei branchi Stagias (almeno otto animali) e Vorab (almeno 10), nonché all’abbattimento programmato di due terzi dei cuccioli nati nel 2023 dai branchi Jatzhorn (3) e Rügiul (2). L’UFMA ha invece respinto la richiesta ticinese di sopprimere l’intero branco presente nella Valle Onsernone, visto che negli ultimi 12 mesi non si erano verificate predazioni in situazioni protette.

Il TAF ha giustificato la propria decisione affermando che, nel caso del Vallese, le organizzazioni di tutela della natura hanno reso credibile il fatto che in passato non siano state adottate le possibili misure di protezione in grado di ridurre significativamente il temuto numero elevato di uccisioni di animali da reddito da parte dei lupi (che sono, ricordiamo, animali protetti).

Per quanto riguarda la domanda dei Grigioni, il TAF scrive in un comunicato odierno che la contestata regolazione degli effettivi potrebbe portare all’abbattimento di 23 lupi. Ciò contrasta con le cinque uccisioni di animali da reddito avvenute l’anno scorso nonostante le misure di protezione delle mandrie. Il danno temuto è del tutto irragionevole in termini di fatto e finanziari.

aereo in volo
Keystone / Dominic Steinmann

Svizzere e svizzeri sono meno rispettosi del clima di quanto pensino: a rivelarlo è uno studio dell’istituto Sotomo che ha intervistato 2’998 persone in tutto il Paese.

Dal sondaggio è emerso che questa disparità di valutazione tra impatto “pensato” e quello effettivo è maggiore tra chi guadagna alti stipendi (oltre 16’000 franchi svizzeri al mese): solo un quarto di queste persone dichiara di emettere più CO₂ rispetto al resto della popolazione. In realtà, però, la percentuale è molto più alta: il 79% di chi fa parte di questa categoria emette più gas a effetto serra della media della popolazione.

Chi valuta il proprio comportamento come “rispettoso” del clima ha in effetti un minore impatto ecologico. Diversa la situazione, invece, per chi si considera “molto rispettoso”: questa categoria sopravvaluta il proprio comportamento poiché ha un impatto basso quando si tratta di consumi, ma non quando si tratta di voli e mobilità in generale. E sono proprio i viaggi in aereo i principali responsabili di una maggiore impronta ambientale.

La popolazione elvetica si dice comunque consapevole del cambiamento climatico: quasi il 75% degli intervistati e delle intervistate crede nel riscaldamento globale causato dall’essere umano ed è consapevole di dover dare il proprio contributo per combatterlo. Però… c’è un però: quasi i due terzi di chi ha risposto al sondaggio sono allo stesso tempo infastiditi dalla questione. Quello del cambiamento climatico è un tema molto preoccupante, ma preferiscono non affrontarlo.

richiedenti asilo seduti su panche
© Ti-press

Il numero di domande d’asilo in Svizzera nel 2024 dovrebbe essere simile a quello dell’anno scorso, secondo le previsioni della Segreteria di Stato della migrazione (SEM), che lo stima tra 28’000 e 30’000 (si tratta di un aumento di circa il 30% rispetto alla media annuale degli ultimi 25 anni). Lo ha dichiarato questa mattina un portavoce alla Radiotelevisione della Svizzera tedesca SRF.

Fare delle stime precise, ha detto, è comunque difficile, a causa delle crisi in corso in Ucraina, in Medio Oriente e in vari Paesi del continente africano. Se uno dei conflitti attuali dovesse aggravarsi o se dovessero scoppiarne altri, infatti, la SEM si attende un aumento del numero di domande.

Non sono ancora disponibili i dati definitivi per il 2023, ma alla fine di novembre in Svizzera erano state registrate 27’980 domande d’asilo, oltre 3’000 in più rispetto al 2022. Il maggior incremento delle richieste è stato registrato tra la fine dell’estate e l’autunno, mentre negli ultimi mesi si è osservata una leggera diminuzione, ha annunciato la SEM nelle scorse settimane.

Globalmente, la valutazione della SEM è che sia improbabile che la pressione migratoria diminuisca nel breve e medio termine. Gli effetti si sono già fatti sentire in Svizzera, dove i centri di accoglienza per chi richiede asilo hanno talvolta raggiunto i loro limiti.

bottigliette di acqua di mare con scritte
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Le acque reflue della centrale nucleare di Fukushima riversate nel Pacifico vengono monitorate da un laboratorio svizzero. Si tratta di 1,3 milioni di tonnellate di acqua raccolta in un migliaio di serbatoi.

La centrale è stata danneggiata nel 2011 da uno tsunami; da allora sono state usate grandi quantità di acqua per raffreddare i reattori e ancora oggi il processo di raffreddamento produce 130 tonnellate di acqua contaminata al giorno. Questa viene ora riversata in mare dopo essere stata trattata dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco, azienda che gestisce l’impianto), che usa un potente sistema di pompaggio e filtraggio che, con una serie di reazioni chimiche, rimuovono quanto più possibile la radioattività.

E ad occuparsene è il Laboratorio Spiez, nel Canton Berna, conosciuto fin dalla Seconda guerra mondiale per le sue indagini sulle minacce chimiche, biologiche e nucleari. Esperte ed esperti svizzeri (ma non solo) hanno analizzato campioni di acqua marina, sedimenti e pesci raccolti attorno alla centrale di Fukushima in seguito all’incidente e lo stanno facendo anche ora per stabilire se le acque riversate in mare siano davvero sicure.

Sembrerebbe di sì, stando a quanto dichiarato dal portavoce del Laboratorio Spiez Ancdreas Bucher: “L’approccio e le attività per i riversamenti [a Fukushima] sono conformi agli attuali standard internazionali di sicurezza“. Avrebbero, quindi, un impatto radiologico trascurabile sulle persone e sull’ambiente.

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