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Acquisti all’estero, franchigia IVA a 100 franchi, commissione

auto in dogana
Il turismo degli acquisti rappresenta un problema per molti negozi di frontiera, in particolare in Ticino. Keystone-SDA

La riduzione della franchigia IVA nel traffico turistico non va solo dimezzata per portala a 150 franchi come prevede il Consiglio federale, bensì ridotta a 100 franchi. È il parere della Commissione dell'economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (CET-S).

Il motivo di un simile taglio deciso all’unanimità? Contrastare il turismo degli acquisti, riportando in Svizzera la creazione di valore, si legge in una nota odierna dei servizi parlamentari.

La CET-S ricorda che la settimana scorsa la commissione omologa aveva raccomandato al Consiglio federale di portare la franchigia dai 300 franchi attuali a 150, come chiesto d’altronde da una mozione approvata dal parlamento. Tale limite andrebbe tuttavia abbassato ulteriormente secondo la commissione degli Stati.

Una minoranza della CET-N crede invece che un dimezzamento della franchigia avrà conseguenze sul potere d’acquisto delle persone con reddito modesto, provocando nel contempo un aumento della burocrazia.

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La situazione attuale

Attualmente, chi fa la spesa in Italia o in altri Paesi vicini per un totale fino a 300 franchi non deve dichiarare nulla in dogana e non deve quindi pagare alcuna tassa. Con l’obiettivo di scoraggiare il turismo degli acquisti e diminuire l’attrattiva dello shopping fuori dal territorio elvetico, il Parlamento ha accolto una mozione volta a riequilibrare questa franchigia.

Nel novembre 2023, il Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha quindi presentato un progetto in merito, proponendo di abbassare la franchigia a 150 franchi per persona a partire dal 1° gennaio 2025. Un taglio più drastico, era stato fatto notare all’epoca, incrementerebbe eccessivamente il lavoro di sdoganamento e i controlli ai valichi di frontiera.

Pareri discordanti

La procedura di consultazione, conclusasi nel marzo scorso, ha dato risultati discordanti. Ad esempio, l’associazione dei commercianti al dettaglio Swiss Retail Federation (come l’Unione svizzera delle arti e mestieri) vorrebbe che il limite di esenzione dall’IVA venisse portato a 50 franchi, in quanto il sistema attuale svantaggia il settore elvetico. Il dimezzamento a 150 franchi non basterebbe a risolvere il problema.

Anche per Economiesuisse l’adeguamento previsto non è sufficientemente vantaggioso. Ridurre la franchigia non affronta infatti la questione fondamentale dell'”isola dei prezzi elevati” svizzera.

Per il PS invece, il progetto non farebbe altro che penalizzare i consumatori. Alcune persone dipendono dall’acquisto di alimenti all’estero perché non possono permettersi i prezzi alti della Svizzera, evidenziavano i socialisti, che inoltre temono un’eccessiva burocrazia.

Contro la riduzione dell’esenzione fiscale si è schierata pure la Fondazione svizzerotedesca per la protezione dei consumatori (SKS), che ha lanciato una petizione. A suo avviso, tale misura comporterebbe un aumento del traffico e della burocratizzazione, mentre a rimetterci sarebbe il personale doganale e la popolazione.

C’è anche però chi si è schierato a favore dell’esecutivo, come il PLR, secondo cui il progetto contribuisce a rafforzare la competitività delle regioni di confine, oggi “falsata dallo Stato”. A favore della proposta anche l’UDC.

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