Il difficile momento dei commerci al confine
I negozianti italiani cercano di rialzarsi dopo la chiusura forzata durata quasi tre mesi.
Secondo Confcommercio il calo tendenziale nei settori più colpiti nel primo trimestre dell’anno si può stimare attorno al 25% ma nel mese di aprile le perdite risultano addirittura triplicate. Da questa consistente flessione dell’attività economica si salvano solo pochi settori, tra i quali il commercio all’ingrosso di beni alimentari e i servizi di informazione e comunicazione.
In proposito un’indagine promossa dall’associazione di categoria sulle prime due settimane di ripresa dell’attività evidenzia che per il 28% delle imprese che hanno rialzato le serrande rimane elevato il rischio di chiudere definitivamente a causa delle difficili condizioni di mercato, dell’eccesso di tasse e burocrazia e della carenza di liquidità.
Dei quasi 800’000 commerci esistenti, l’82% ha riaperto l’attività (tra di essi solo il 73% di bar e ristoranti) ma oltre la metà stima una perdita di ricavi che va dal 50 fino ad oltre il 70%.
In questo difficile momento per i negozi a ridosso del confine, orientati verso la clientela svizzera, il noto divieto degli acquisti oltre frontiera imposto dall’Ordinanza 2 Covid-19 del governo federale costituisce un ulteriore problema ed è fonte di irritazione tra le organizzazioni dei commercianti nelle province insubriche.
È il caso del mercato di Luino (Varese) che accoglie solitamente numerosi gruppi di turisti provenienti da Svizzera e Germania. Il Quotidiano della RSI è andato tra le bancarelle di questo mercato in riva al Lago Maggiore e tra i commercianti di Lavena Ponte Tresa per raccogliere gli umori degli operatori del settore.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.