Così come cambia l’emigrazione, servono nuovi strumenti d’integrazione. È a questo tema che le ACLI, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, hanno dedicato una giornata di studio sabato a Lugano. Un incontro durante il quale il console generale d’Italia ha rinnovato il suo appello alle autorità ticinesi, perché sia abrogato l’obbligo di presentare il casellario giudiziale per ottenere un permesso da frontaliere.
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tvsvizzera.it/ri con RSI (Quotidiano del 01.04.2017)
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Negli anni Sessanta, arrivavano con le valigie chiuse con la corsa. Ora arrivano con i trolley, ma soprattutto con un bagaglio culturale completamente diverso: se una volta i lavoratori italiani in Svizzera erano impiegati soprattutto in lavori stagionali –nell’edilizia e nell’industria alberghiera- oggi si tratta sempre più spesso di persone con formazione universitaria ed esperienze professionali di rilievo.
“La mobilità porta con sé molte esigenze”, osserva Giuseppe Rauseo delle ACLI, “legate per esempio al riconoscimento dei titoli di studio e delle esperienze professionali conseguiti all’estero, che non sempre sono spendibili sul mercato del lavoro ticinese. Uno dei compiti di un’associazione come la nostra, ma anche dei sindacati, è quindi l’attività di consulenza, di orientamento, di accompagnamento di questa nuova emigrazione per favorirne l’integrazione sul mercato del lavoro”.
Il progetto ‘Nuova e vecchia emigrazione italiana, discriminazioni di ieri e di oggi’ nasce per questo. Alla giornata che gli è stata dedicata, sono intervenuti tra gli altri l’ex ministra italiana per l’integrazione Cécile Kyenge e il console generale d’Italia a Lugano, Marcello Fondi.
“Non perdo mai occasione pubblica per chiedere alle autorità ticinesi di rivedere la decisione, che oramai data due anni, concernente la presentazione del casellario giudiziale per ottenere il permesso da frontaliere. Direi che è arrivato il momento, sono maturate le condizioni per abrogare quella misura”.
“Ancora recentemente”, risponde il ministro delle Istituzioni ticinese Norman Gobbi, “le Camere federali si sono espresse a favore. Conosciamo le richieste da parte dell’Italia e, come governo, ci siamo impegnati a trovare delle soluzioni alternative, ma dal mio punto di vista dovranno essere equivalenti nell’efficacia perché oggi non possiamo, con gli strumenti normali, controllare tutte le richieste, soprattutto su coloro che hanno avuto precedenti penali.”
Posizioni distanti, che non aiutano la firma dell’accordo fiscale sui frontalieri.
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