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Il telelavoro per i frontalieri dal primo luglio è fuorilegge

Una donna ripresa di schiena seduta a una scrivania.
Dal primo luglio lavorare da casa per i frontalieri - per la legge - è vietato. © Keystone / Christian Beutler

L’accordo amichevole temporaneo per la regolamentazione del telelavoro tra Svizzera e Italia è scaduto. I lavoratori e le lavoratrici frontaliere che intendono proseguire con il lavoro da casa dal primo luglio lo faranno a loro rischio e pericolo. Nessuna soluzione definitiva è stata trovata e ci si trova ad agire nell’incertezza normativa.

C’è chi frettolosamente ha annunciato che l’accordo temporaneo, che scade il 30 giugno 2023, è da intendersi rinnovato alle medesime condizioni sino al prossimo 31 dicembre. La realtà è un po’ diversa.

Innanzi tutto, va detto che niente è ancora stato deciso. La volontà c’è, ma nessun accordo è stato trovato o prorogato. “Al ministero dell’Economia – ci dice il deputato italiano della Lega Stefano Candiani – stanno lavorando per evitare vuoti normativi in termini fiscali e previdenziali permettendo così la proroga di una modalità di lavoro agile, iniziata durante la pandemia, e consolidata.”

Il telelavoro è infatti stato utilizzato da molti frontalieri e molte frontaliere tra Italia e Svizzera, durante e dopo il Covid-19. Questo grazie a un accordo amichevole del giugno 2020 che ha consentito a chi fa la spola tra i due Paesi di lavorare da casa, pur figurando come persona impiegata nella Confederazione ai fini fiscali e previdenziali. L’intesa, scaduta il 31 gennaio, è stata prorogata al 30 giugno.

“La validità dell’accordo amichevole è cessata il 31 gennaio 2023 e da allora viviamo in una situazione di incertezza giuridica”

Mario Tuor, portavoce della Segreteria di Stato alle questioni finanziarie internazionali

In verità la questione è un po’ più sottile, ci fa notare Mario Tuor, portavoce della Segreteria di Stato alle questioni finanziarie internazionali: “Quello che abbiamo fatto a suo tempo (alla fine del mese di aprile 2023, i due Paesi hanno trovato un accordo per prolungare il telelavoro, in via transitoria, fino al 30 giugno 2023, ndr.) è stato dire che avremmo firmato entro il 30 giugno un accordo sul telelavoro. In verità la validità dell’accordo amichevole è cessata il 31 gennaio 2023 e da allora viviamo in una situazione di incertezza giuridica.”

Prima la ratifica dell’accordo sull’imposizione fiscale dei frontalieri

In poche parole, l’accordo transitorio prevedeva che il Governo italiano si attivasse per trovare una soluzione per disciplinare in modo “stabile e duraturo” il telelavoro entro fine giugno 2023. “Lo so – ammette Candiani – in questo momento la Svizzera è in attesa, se così posso dire, che l’Italia faccia il primo passo. Ma prima ancora, l’Italia deve ratificare l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri.”

Gli fa subito eco Mario Tuor: “È vero. La Svizzera attende tuttora la ratifica. Si tratta evidentemente di una formalità: basta infatti una lettera del Presidente della Repubblica che confermi che l’iter parlamentare è concluso. Ma è da un mese che attendiamo la comunicazione e ancora non è arrivata (l’accordo è stato votato, dopo la Camera, dal Senato italiano il 31 maggio 2023, ndr.). Di sicuro posso dire che l’accordo entrerà in vigore nel 2024.”

E il telelavoro? “Per quanto riguarda il telelavoro – continua Tuor – la situazione è decisamente incerta. Prima aspettiamo la ratifica dell’accordo sopracitato, che potrebbe arrivare a giorni, poi parleremo di telelavoro. Nel frattempo, è vero che viviamo nel vuoto normativo e nella totale incertezza.”

Alla vigilia della scadenza dell’accordo amichevole sul telelavoro, l’Italia contrariamente alle attese non ha avanzato né proposte né soluzioni alla Svizzera. “Ne abbiamo discusso ieri (giovedì 29 giugno, ndr.) – racconta Candiani – durante l’approvazione del decreto lavoro. Ne ho poi parlato con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che si è mostrato assolutamente disponibile. La volontà italiana è quella di rinnovare fino al 31 dicembre l’accordo temporaneo esistente. Prima si conclude la ratifica dell’accordo sull’imposizione dei frontalieri. Poi si hanno sei mesi per trovare una soluzione stabile e definitiva anche per il telelavoro. Così agendo si evita di lavorare nel vuoto normativo.”

“Quello che abbiamo chiesto al Governo è di concedere una proroga fino alla fine dell’anno con le medesime condizioni per i medesimi soggetti”

Stefano Candiani, deputato alla Camera

In breve, conclude ancora Candiani, “quello che abbiamo chiesto è di concedere una proroga fino alla fine dell’anno con le medesime condizioni per i medesimi soggetti.”

La volontà dei deputati e senatori italiani è da tempo chiara. Come ebbe modo di dire il senatore pentastellato Raffaele De Rosa il 31 maggio scorso al momento della ratifica dell’accordo italo-svizzero sull’imposizione dei frontalieri, “la nostra richiesta è che il Governo concluda subito con la Svizzera un’intesa definitiva analoga a quella siglata tra Svizzera e Francia, per cui il lavoro svolto a domicilio fino al 40 per cento del monte ore complessivo, ovvero due giorni a settimana, non metta in discussione lo status di lavoro frontaliero e conseguentemente non comporti penalizzazioni dal punto di vista fiscale e previdenziale.”

Telelavoro fuorilegge

Nel frattempo, cosa succede? Il telelavoro per le lavoratrici e lavoratori italiani impiegati in Svizzera sarà fuorilegge a partire dal primo luglio 2023. Ancora Mario Tuor: “Se si lavora più di un giorno da casa non si è più frontalieri. Se lo si fa, lo si fa a proprio rischio e pericolo.” Per non parlare delle complicazioni burocratiche e capire dove si devono pagare imposte e previdenza sociale e quanto e a chi.

Il personale frontaliere francese potrà lavorare da casa fino al 40% del tempo di lavoro annuale della sua attività dipendente. È quanto prevede l’accordo aggiuntivo alla Convenzione tra la Svizzera e la Francia per evitare le doppie imposizioni (CDI) firmato il 27 giugno scorso a Parigi dalla Segretaria di Stato alle questioni finanziarie internazionali, Daniela Stoffel. L’intesa suggella una prassi già in atto dallo scoppio della pandemia di coronavirus.

La nuova soluzione dispone, inoltre, che lo Stato dell’azienda datrice di lavoro trasferisca a quello di domicilio della persona impiegata il 40% delle tasse riscosse sulle retribuzioni che il collaboratore o la collaboratrice ha percepito lavorando da casa.

Per poter entrare in vigore, tale accordo dovrà essere approvato dai parlamenti dei due Stati. Nel frattempo, la Svizzera e la Francia applicheranno fino al 31 dicembre 2024 le disposizioni dell’accordo aggiuntivo, come convenuto nell’intesa amichevole di durata temporanea del 22 dicembre scorso.

Mario Tuor ricorda che la Svizzera è ben disposta sul telelavoro. Attende cenni da parte italiana. Per velocizzare i tempi, la soluzione trovata ad esempio con la Francia, firmata alcuni giorni fa, è una possibilità? “L’Italia è un altro Paese – risponde Tuor – e la situazione è leggermente diversa. Inoltre, non vogliamo suggerire già una soluzione preconfezionata, vogliamo lasciare aperta la possibilità ai negoziatori di trovare alla fine la soluzione migliore per i due Paesi.”

Ma cosa succede allora dal primo luglio? Come ci aveva anticipato Andrea Puglia del sindacato OCST, “un vuoto normativo non serva a nessuno. Un accordo per il telelavoro da un punto di vista fiscale verrà sicuramente trovato e retrodatato. Anche se non entro la fine del mese di giugno. Comunque, l’ipotesi più accreditata è che i Governi di Italia e Svizzera andranno a negoziare un accordo che permetterà di lavorare da casa fino al 40% del proprio tempo lavorativo.”

Tenendo presente che l’UE ha proclamato che a partire dal primo luglio 2023 i singoli Stati avranno la libera facoltà di concedere alle persone frontaliere di lavorare da casa fino al 49,9% del tempo di lavoro senza avere impatti di natura previdenziale, i margini per trovare una soluzione tra Italia e Svizzera ci sono. Basta volerlo.

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