Il Tunnel del Gran San Bernardo al centro di un pasticcio internazionale
Mancano all'appello 26 milioni di contributi italiani per i lavori di manutenzione straordinaria, che sono già iniziati. In ballo c'è il rinnovo della concessione per la gestione della galleria che collega Italia e Svizzera.
Unisce la Valle d’Aosta al Vallese, e nel 2022 lo hanno attraversato 849’570 veicoli. Il futuro del tunnel del Gran San Bernardo è però oggi a rischio, a causa di una vicenda esemplare di mala burocrazia transfrontaliera. È stato un breve articolo di CH media, nello scorso ottobre, a sollevare il velo sulla curiosa storia che tiene appeso a un filo il destino del traforo alpino. Il presidente svizzero Alain Berset e la prima ministra italiana Giorgia Meloni avevano approfittato del vertice della Comunità politica europea a Granada, in Spagna, per un incontro bilaterale. Il tema? Diplomatica la versione pubblicata dalla Presidenza del Consiglio italianaCollegamento esterno: “I due leader hanno discusso del proseguimento dei lavori congiunti per la ristrutturazione del Tunnel del Gran San Bernardo”. Più diretta la dichiarazione del “ministro” elvetico Alain BersetCollegamento esterno: “c’è grande preoccupazione per il tunnel”.
Carteggi, riunioni e silenzio stampa
La saga del Gran San Bernardo inizia nel 2017, quando una trave di 300 chilogrammi crolla all’interno del versante italiano della galleria. Il traforo viene chiuso al traffico per tre mesi, mentre si procede alla messa in sicurezza e si avvia il progetto di restauro della soletta di ventilazione. Costo dei lavori: 52 milioni, da dividere fra Italia e Svizzera. Ma se a nord delle Alpi tutto scorre liscio come l’olio, nulla si muove da parte italiana e il dossier si blocca a Roma.
Per cinque anni, i media dei due Paesi si occupano poco e niente della controversia, mentre dietro le quinte si succedono incontri e carteggi. Oggi a tvsvizzera.it Olivier Français, presidente della società che gestisce la porzione svizzera del tunnel, dice: “Ci battiamo dal 2017. In silenzio, perché siamo discreti, e anche adesso cammino sulle uova. Perché non voglio provocare Roma”. La vicenda è intricata e coinvolge una pletora di istituzioni pubbliche e parastatali, ma soprattutto chiama in causa il Governo italiano, che non ha saputo affrontare il problema.
Di fatto, l’Italia è inadempiente: non sono mai arrivati i 26 milioni per l’attuale cantiere. Ma la posta in gioco è ben più grande. È necessario rinnovare la concessione per la gestione dell’infrastruttura. In caso contrario, dice Olivier Français, la prospettiva è catastrofica: “Se la situazione non si sblocca, non ci saranno le condizioni per garantire la sicurezza e saremo costretti a chiudere il tunnel”.
Se la situazione non si sblocca, non ci saranno le condizioni per garantire la sicurezza e saremo costretti a chiudere il tunnel.
Olivier Français, presidente della Société Tunnel du Grand-Saint-Bernard
Scatole cinesi societarie
La galleria è gestita per la parte svizzera dalla Société Tunnel du Grand-Saint-Bernard SA (TGSB), di cui sono azionisti principali i Cantoni Vaud e Vallese, e il Comune di Losanna. Per l’Italia, ne è responsabile la Società Italiana per il Traforo del San Bernardo Spa (SITRASB), della quale la Regione Valle d’Aosta detiene il 63,50%. Le due società sono, infine, azioniste alla pari della Société Italo-Suisse d’Exploitation SACollegamento esterno (SISEX) che gestisce il tunnel, manutenzione compresa, in base alla concessione firmata dai due Paesi e alle regole stabilite nel 2004 dalla Comunità europeaCollegamento esterno. Il problema è che la convenzione bilaterale scade nel 2034. Garanzia insufficiente per ottenere un credito bancario e per ammortizzare gli investimenti di cantieri milionari – quello attuale, e quanti dovranno essere aperti negli anni a venire. Da parte svizzera, non ci sono resistenze a rinnovare l’accordo fino al 2070. È da parte italiana, che la situazione è problematica.
Il dossier è rimasto per diverse stagioni parcheggiato a Roma, e di recente è entrata in gioco la Commissione europea, cui il Governo italiano nel 2022 avrebbe chiesto il nullaosta sulla compatibilità della partita transfrontaliera con la legislazione UE. Ma dove si trova il fascicolo a Bruxelles, in quale ufficio? Il presidente di SITRASB, Edi Avoyer, non lo sa, e puntualizza: “Abbiamo provato molte volte a ottenere questa informazione”. In carica dal 2022, Avoyer ha ereditato un dossier kafkiano. Non nasconde l’imbarazzo, ma precisa: “Il mio predecessore ha tentato l’impossibile per risolvere il rebus”. Con tatto, il valdostano commenta: “L’approccio romano è diverso da quello svizzero. E l’instabilità dei Governi italiani non aiuta”.
Vicini e lontani
Olivier Français conferma, e approfitta per togliersi un sassolino dalla scarpa. “Non è sempre facile lavorare a cavallo di questa frontiera. In Svizzera la normativa è più semplice, e paradossalmente da noi un cantiere costa meno. In Italia la cascata di norme complica le cose”.
L’approccio romano è diverso da quello svizzero. E l’instabilità dei Governi italiani non aiuta.
Edi Avoyer, presidente della Società Italiana per il Traforo del San Bernardo
Cruciale per le relazioni commerciali e culturali fra Svizzera e Italia, nel 1964 il Gran San Bernardo è stato il primo tunnel autostradale ad attraversare le Alpi. Per la Valle d’Aosta, la sua costruzione è stata essenziale per uscire dall’isolamento dei mesi invernali.
In quasi sessant’anni l’hanno percorso oltre 33 milioni di veicoli, quasi il 90% automobili: è la direttrice per eccellenza per lavoratori frontalieri e per turisti diretti a meridione, al mare ligure o per vacanze enogastronomiche in Piemonte. Il valico del Gran San Bernardo riveste d’altronde da sempre un ruolo fondamentale nelle relazioni tra il nord ed il sud dell’Europa.
Come ricorda il sito del tunnelCollegamento esterno: “Di qui passarono legioni romane, tribù barbare, i Saraceni, gli imperatori del Sacro Romano Impero, i Papi, le crociate e l’esercito di Napoleone Bonaparte”. Costruire la galleria, a quasi 2’000 metri di altitudine, fu un’impresa epica. Ma è possibile che un’infrastruttura di tale rilevanza sia in pericolo a causa di un ginepraio burocratico?
La Repubblica italiana e la Confederazione elvetica hanno firmato il 23 maggio 1958 l’accordo per la costruzione della Galleria del Gran San Bernardo. Per la parte italiana, azionista di maggioranza e finanziatore fu la Fabbrica Italiana Automobili Torino. La FIAT aveva un grande interesse commerciale nel traforo, per inviare le sue automobili nel nord Europa. Per prevenire problemi di ventilazione, si optò per un tunnel di soli 5,8 chilometri di lunghezza, con alle due estremità circa cinque chilometri di strada coperta da una tettoia di cemento armato per proteggere la carreggiata dalle intemperie. I primi a cominciare i lavori, nell’estate del 1958, furono gli italiani e l’ultimo diaframma di roccia che separava le maestranze dei due Paesi cadde alle 21:30 del 5 aprile 1962. Al centro dell’infrastruttura c’è una piccola centrale idroelettrica che sfrutta la caduta dell’acqua nella struttura di aerazione. In meno di sei anni, SITRASB e TGSB costruirono la galleria, le strade di accesso sui due versanti e le due stazioni di gestione e controllo dell’infrastruttura, che ospitano anche le dogane svizzera e italiana. Il tunnel è stato inaugurato il 19 marzo 1964.
“Tunnel del Gran San Bernardo – la sua storiaCollegamento esterno“. Un documentario di MG videoproduzioni, realizzato su commissione della Rai Valle d’Aosta.
Bocche cucite
Una Commissione italo-svizzera, composta da figure amministrative e tecniche dei due Paesi, si riunisce una volta l’anno per discutere del tunnel. L’ultima riunione è stata nell’ottobre 2022Collegamento esterno. La prossima? Rivela Edi Avoyer: “Quest’anno non è stata convocata, perché il Governo italiano deve provvedere a nuove nomine. Abbiamo sollecitato”.
Bocche cucite alla Regione Valle d’Aosta. Il pasticcio del Gran San Bernardo è delicato e la Presidenza non ritiene opportuno esprimersi. Non parla il presidente Renzo Testolin, e preferisce non rilasciare dichiarazioni l’Assessore agli affari europei Luciano Caveri, che pure negli anni ha spesso lanciato l’allarme su testate giornalistiche valdostaneCollegamento esterno.
Il Ministero italiano dei trasporti e delle infrastrutture (MIT) rinvia per una presa di posizione alla Presidenza del Consiglio. La quale rinvia al Dipartimento delle Politiche Europee (DPE) che, in un surreale gioco dei quattro cantoni, rinvia al MIT. Il DPE, comunque, scioglie il mistero: “Il 28 luglio 2023 la misura è stata inserita dal MIT nella piattaforma dedicata (“SANI2”), come misura da pre-notificare alla Commissione europea, per avviare una interlocuzione con la medesima”.
Persone beneinformate sostengono che in Svizzera, il consigliere federale Albert Rösti, che guida il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC), è determinato a risolvere questo rompicapo. Oggi però anche il “ministro” Albert Rösti sul pasticcio del tunnel del Gran San Bernardo preferisce tacere.
Prospettive incerte
Parla volentieri, invece, il presidente della componente svizzera del sistema di scatole cinesi societarie che gestisce il tunnel. “Abbiamo perso almeno tre anni, ma dal 2022 siamo riusciti a salire la scala del potere. Ora il dossier è in mano ai Governi, e non più a uffici tecnici e giuridici”, chiosa Olivier Français, presidente di TGSB. Anche l’ufficio stampa della Commissione europea risponde, e chiede: “Si riferisce al tunnel del Gran San Bernardo che collega Italia, Svizzera e poi Francia?”. Comicità involontaria a parte, dopo tre settimane di caccia al commento: “La Commissione è in contatto con le autorità italiane. Non possiamo rilasciare ulteriori informazioni”.
Edi Avoyer azzarda un cauto ottimismo: “Negli scorsi mesi c’è stata un’accelerazione, l’attuale Governo sembrerebbe in cerca di una soluzione”. Il condizionale è d’obbligo, precisa, visti i trascorsi. E come biasimarlo. Il presidente della SITRASB dice di aver chiesto all’Esecutivo italiano “un finanziamento-ponte” per rispettare almeno l’impegno preso sui lavori in corso. Ma avvisa che se non ci saranno sviluppi, la società che dirige sarà costretta a rivolgersi al Tribunale amministrativo. Anche in quel caso, i tempi saranno lunghi. Secondo un rapporto dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università cattolica di MilanoCollegamento esterno, la procedura dura in media due anni e tre mesi in primo grado, e due in secondo grado.
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