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L’accordo sui frontalieri è entrato in vigore

Auto in coda alla dogana di Ponte Chiasso.
Da lunedì 17 luglio si può parlare di vecchi e nuovi frontalieri. © Keystone / Ti-press / Francesca Agosta

Il nuovo accordo sull'imposizione fiscale dei frontalieri e il protocollo che modifica la Convenzione tra la Svizzera e l'Italia per evitare le doppie imposizioni sono entrati in vigore lunedì.

Dopo quasi un decennio di estenuanti trattative (il protocollo per la modifica dell’accordo fu firmato da Evelyne Widmer-Schlumpf e Pier Carlo Padoan il 23 febbraio 2015) l’accordo sull’imposizione fiscale dei frontalieri è entrato in vigore.

Lo ha comunicato proprio oggi, mercoledì, la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionaliCollegamento esterno (SFI) che conferma che le notifiche con le quali Italia e Svizzera si sono comunicati vicendevolmente, per via diplomatica, che sono adempiuti tutti i necessari presupposti legali sono arrivate.

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È uno spartiacque importante. D’ora innanzi ci saranno i vecchi frontalieri, assoggettati al vecchio accordo, mentre chi firma un nuovo contratto di lavoro con un Permesso G (per frontalieri) sarà considerato un nuovo frontaliere.

+ È arrivato il tempo dei nuovi frontalieri

Col nuovo accordo, la Svizzera trattiene l’80% dell’imposta alla fonte prelevata sul reddito dei nuovi frontalieri, ossia di coloro che entrano nel mercato del lavoro elvetico dopo il 17 luglio 2023. I nuovi lavoratori frontalieri saranno tassati in via ordinaria anche in Italia in base alle sue aliquote (scaglioni IRPEF), con però alcune agevolazioni: ai nuovi frontalieri sarà applicata una franchigia di 10’000 euro e verrà detratta la somma trattenuta alla fonte dalle autorità elvetiche (credito d’imposta), allo scopo di evitare la doppia imposizione.

Per gli attuali frontalieri varranno sempre le vecchie norme, fino all’età del pensionamento. Per loro continua la competenza tributaria esclusiva della Confederazione (le tasse vanno versate unicamente alle autorità del Paese in cui si esercita la professione) e non saranno tenuti, neanche in futuro, a presentare una dichiarazione d’imposte all’Agenzia delle entrate.

Per questi lavoratori la Svizzera verserà per dieci anni ai comuni italiani di confine – i cosiddetti ristorni – una compensazione finanziaria del 40% dell’imposta alla fonte prelevata dalla Confederazione.

Alla fine del regime transitorio saranno soppressi i ristorni elvetici, che verranno sostituiti dall’intervento finanziario di Roma, cui spetta ora una quota delle imposte su questa manodopera.

A tale scopo viene istituito il “Fondo di sviluppo e potenziamento delle infrastrutture delle zone di confine italo-elvetiche” (art 10 del disegno di legge di ratifica dell’accordo) che sarà alimentato dall’extra-gettito derivante dall’imposizione dei frontalieri.

A regime, nel 2045, il fondo avrà una dotazione teorica di 221 milioni di euro all’anno, destinati a essere investiti nei territori di frontiera. E questo dovrebbe rassicurare i comuni italiani che temevano di restare senza risorse tra dieci anni con l’estinzione dei ristorni dalla Svizzera.

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