L’esodo del personale infermieristico italiano verso la Svizzera non si ferma
Il presidente del sindacato infermieri italiani Nursing Up, Antonio De Palma, tira di nuovo il campanello d'allarme: l'emorragia degli operatori e operatrici sanitari diventa drammatica.
“Piove sul bagnato in una sanità italiana che sembra, ogni giorno di più, una nave in difficoltà, che già da tempo imbarca acqua”, scrive mercoledì in una nota Antonio De Palma.
La professione perde “di appeal” e “quella valorizzazione dei nostri operatori sanitari che stenta a decollare, tra retribuzioni lontane dagli standard europei e carenza di personale che pesa sulla crescita del nostro sistema sanitario nazionale, finisce con il fomentare, pericolosamente, l’emorragia dei nostri infermieri italiani all’estero”.
Tra i Paesi che attirano maggiormente il personale sanitario italiano vi è naturalmente la Svizzera e in particolare il Canton Ticino.
Nel triennio 2020-2022 oltre 350 professionisti e professioniste della salute (di cui il 90% di infermieri e infermiere) sono passati oltreconfine, secondo i dati cantonali.
“Si tratta di un report dai contenuti assai preoccupanti, dal momento che si registra una fuga che supera più del doppio le cifre dei trienni precedenti”, rileva De Palma.
In Ticino circa una persona su sei impiegata nel settore sanitario – tra personale medico e infermieristico – è di nazionalità italiana. I lavoratori e le lavoratrici frontalieri in questo ramo sono circa 5’000.
“Caccia” al personale infermieristico italiano
Il presidente del sindacato Nursing Up evidenzia soprattutto la differenza salariale tra Svizzera e Italia e afferma che la Confederazione ha aperto la “caccia” al personale infermieristico italiano. In Svizzera, lo stipendio base per un infermiere o un’infermiera è almeno il doppio rispetto alla retribuzione che si può percepire in Italia. Il salario iniziale di una persona diplomata è di 5’209 franchi (circa 5’200 euro).
I soldi non sono però l’unica ragione che spingono molti operatori e operatrici sanitari a varcare la frontiera. “Si prevedono piani di formazione e aggiornamento costanti, e misure di crescita concreta e anche valorizzazione sia professionale che umana, come l’aumento delle indennità di stage, il sostegno delle riqualificazioni professionali e ancora provvedimenti nell’ambito della maggiore conciliabilità lavoro-famiglia”, sottolinea De Palma. Tutti aspetti, questi, che erano emersi dalle testimonianze di alcuni professionisti e professioniste della salute che avevamo raccolto in questo articolo.
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Non solo Svizzera
La Svizzera non è però l’unica meta del personale sanitario italiano. “Da anni paesi come Germania, Lussemburgo, Inghilterra, Belgio e Olanda, offrono ai nostri professionisti migliori condizioni di lavoro”, osserva De Palma.
Ad oggi, sono 7’000 gli infermieri e le infermiere italiani che hanno trovato lavoro all’estero e “hanno scelto di vivere lontano dal nostro Paese”.
L’aspetto più preoccupante – sottolinea ancora il presidente del sindacato infermieri – è che “il 55% di loro non ha alcuna intenzione di tornare, il 30% è in attesa di un concorso per poter rientrare, ma le condizioni offerte dalle nostre aziende sanitarie, in tal senso, non sono certo allettanti, e il 15% è indeciso sul da farsi”.
La situazione è sotto gli occhi di tutti “e non possono esistere soluzioni tampone diverse da una reale valorizzazione, un progetto organico costruito intorno alle loro competenze. È arrivato il momento di smettere di piangersi addosso, occorre rimboccarsi le maniche per arginare questa emorragia”, conclude De Palma.
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