La misura serve a finanziare il settore sanitario italiano nelle aree di confine, confrontato con una carenza di manodopera, che spesso opta per un lavoro in Svizzera.
Keystone / Giuseppe Lami
I sindacati italiani, appoggiati da quelli svizzeri, hanno chiesto al Governo di fare dietrofront sulla manovra introdotta con la legge di bilancio che tassa i lavoratori e le lavoratrici frontaliere per finanziare il servizio sanitario nazionale.
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tvsvizzera.it/mar/Ansa
Dopo una prima richiesta inoltrata in ottobre, Cgil, Cisl e Uil della Lombardia sono tornati alla carica per domandare al Governo di stralciare un provvedimento ritenuto “iniquo, ingiustificato e, verosimilmente, illegittimo”.
La misura, che serve per “finanziare un maggior salario ai lavoratori della sanità nelle aree di confine”, appare essere “di dubbia legittimità, perché si porrebbe in contrasto con il principio di universalità del sistema sanitario nazionale garantito a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla propria condizione”, affermano sostenuti dai sindacati svizzeri Unia e Ocst.
Il provvedimento introduce inoltre “un meccanismo di doppia imposizione – secondo le organizzazioni sindacali – proprio a valle di un trattato internazionale contro le doppie imposizioni sul modello adottato dai Paesi OCSE”.
Da qui la richiesta di “convocazione immediata del tavolo interministeriale costituito e introdotto dalla legge numero 83 del 2023”. In attesa di essere convocate le organizzazioni sindacali annunciano l’avvio di una “verifica di legittimità della norma introdotta dalla Legge di Bilancio del 2024” e la convocazione di “assemblee dei lavoratori frontalieri nelle aeree di confine”.
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