La via ticinese all’immigrazione “eurocompatibile”
Illustrata a Berna la clausola di salvaguardia "regionale" e "settoriale" che potrebbe salvare l'accordo di libera circolazione firmato con l'UE
Per porre un freno all’immigrazione di massa, come imposto dall’iniziativa votata il 9 febbraio 2014, senza intaccare il principio della libera circolazione (ALC) tanto caro all’Unione europea, ci sarebbe una soluzione. Il modello messo a punto dal Politecnico di Zurigo, incaricato dal Cantone Ticino, ha infatti messo a punto la clausola di salvaguardia ascendente (“bottom up”) che interviene solo sulle modalità di applicazione dell’accordo stipulato a suo tempo tra Berna e Bruxelles e che si attiva in modo circoscritto e mirato solo in presenza di situazioni eccezionali sul mercato del lavoro.
Niente contingenti per stranieri quindi ma provvedimenti temporanei nei rami economici e nelle regioni in cui si manifestano alterazioni nel mondo occupazionale dovute a un eccesso di manodopera estera (frontalieri e stranieri residenti). Il modello illustrato oggi a Berna da Michael Ambühl (titolare della cattedra di negoziazione e gestione dei conflitti a Zurigo) e autorità ticinesi potrebbe essere messo sul tavolo negoziale, in alternativa alla clausola di salvaguardia avanzata dal Consiglio federale, che vedrà impegnati il governo elvetico con i vertici dell’Ue nella difficile ricerca di un compromesso in tema di libera circolazione.
Il meccanismo proposto dal Ticino introduce misure eccezionali che partono dal basso (dal livello settoriale a quelli regionale e nazionale), in parziale deroga all’accordo con l’UE, laddove indicatori socio-economici oggettivi (tasso di migrazione netta, tasso di lavoratori frontalieri sulla popolazione attiva, tasso di disoccupazione, livello dei salari) attestino situazioni sperequate sul mercato del lavoro. E gli interventi (calibrati a seconda che si tratti di migranti residenti o frontalieri) si applicano a livello settoriale (48 rami economici), regionale (7 regioni) e nazionale poiché l’assunto dello studio è che la libera circolazione ha effetti diversi dal punto di vista geografico e economico all’interno di uno stesso Stato.
In particolare viene proposto il criterio della preferenza della manodopera indigena in presenza di un numero eccessivo di manodopera frontaliera mentre riguardo agli stranieri residenti viene auspicata l’adozione – circoscritta e momentanea – di un freno all’immigrazione. Se la proposta ticinese potrà avere un seguito nelle trattative con Bruxelles lo decideranno nei prossimi mesi le Camere federali.
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