Giona, un torrente transfrontaliero che crea più di un timore
Frequenti esondazioni e crepe nelle case dei borghi della Val Veddasca, nell'Alto Varesotto: sono iniziati gli interventi nell'alveo del torrente Giona ma non bastano.
Il Giona nasce nel versante sud del Monte Tamaro in Canton Ticino e, una volta passato il confine non lontano dal nucleo di Indemini (Gambarogno), scorre lungo la Val Veddasca e la Valle Dumentina.
Nella decina di chilometri del loro tragitto le acque del vorticoso torrente attraversano gole strette e pendenze ardite (il dislivello medio tra gli oltre 1’800 della Valle della Grassa di Dentro a Maccagno è del 4,5%) per sfociare poi nel Lago Maggiore.
In tempi normali il suo svogliato incedere non incute certo timori ma d’improvviso, appena le piogge s’intensificano, questo fiumiciattolo transfrontaliero dal tipico carattere torrentizio inizia a far paura. Come sanno bene gli abitanti del luogo che a scadenze regolari devono fare i conti con le sue piene, l’ultima delle quali si è verificata a fine estate.
Una bomba a orologeria
“È una bomba ad orologeria”, sintetizza Fabio Passera, sindaco di Maccagno con Pino e Verdasca (Varese). “Si tratta di un corso d’acqua estremamente sensibile alle perturbazioni: lo vediamo per molti mesi quasi assonnato e poi, come è accaduto lo scorso mese di agosto, si ingrossa improvvisamente trascinando a valle una quantità impressionante di materiale fino al Lago Maggiore”.
Eventi sicuramente naturali cui però ha fornito un contributo decisivo anche l’uomo, come indica il primo cittadino del comune lombardo. “L’urbanizzazione, soprattutto dagli anni ’70 agli anni ’90, ha fatto in modo che il Giona si trovi ora costretto all’interno di argini di cemento armato. Ma la cosa peggiore è stata l’edificazione del museo-ponte Parisi Valle, a due passi dalla foce”. Un’opera di pregio “per l’affascinante posizione e vista sul lago” ma che “dal punto di vista idraulico crea un tappo” al materiale e all’acqua che scende dalla montagna.
Nelle scorse settimane è stato dato avvio al cantiere per la rimozione di 20’000 metri cubi di sabbie e inerti dall’alveo del fiume e la messa in sicurezza dell’area del Civico Museo, finanziato con 800’000 euro stanziati dalla Regione. Non si tratta però di un intervento risolutivo. Per garantire la pulizia del letto del Giona in quest’ultimo tratto occorreranno altre operazioni, per le quali il Pirellone ha previsto ulteriori finanziamenti per 1,6 milioni di euro nel biennio 2021-2022.
Una lingua misteriosa: ad Armio, in tempi passati capoluogo della Veddasca, fino alla seconda metà del secolo scorso si parlava il Larghesepp. Per i linguisti più che di un dialetto si trattava di un vero e proprio idioma strettamente imparentato con il romancio. Lo utilizzavano soprattutto gli emigrati dal borgo in Italia o all’estero (Svizzera, Europa Settentrionale e Americhe) per non farsi comprendere quando parlavano tra di loro. Ma neanche i residenti dei paesi vicini lo capivano. Probabilmente lo scopo era quello di custodire gelosamente i segreti sui mestieri che nelle economie povere erano garanzia di sopravvivenza e successo. Il recupero di questa lingua è al centro di un progetto che coinvolge le scuole locali.
Crepe nelle abitazioni della Veddasca
Ma all’orizzonte si staglia una minaccia ben più grave. A monte le frequenti piene del Giona hanno intaccato i ripidi pendii su cui sorgono i borghi della Val Veddasca e in diverse abitazioni di Armio si sono aperte profonde crepe. “C’è un grave problema di dissesto idrogeologico che va risolto nelle due valli a strapiombo sul torrente, soprattutto nella Val Veddasca che sale fino al confine ad Indemini”, precisa Fabio Passera. “Nel corso degli ultimi decenni si sono verificate erosioni pesantissime a Graglio e soprattutto ad Armio”.
Dall’altra sponda (dalla Valle Dumentina guardando verso la Val Veddasca) si possono vedere distintamente, continua il sindaco, i segni delle erosioni di vaste dimensioni – dei canaloni che dal torrente salgono fino ai piedi del paese – e i muri di molte case presentano crepe a causa del movimento continuo di questo terreno verso valle. Una situazione che non fa certo dormire sonni tranquilli ai pochi abitanti rimasti in questi paesi montani.
Il quesito che si pone a questo punto è se ci sia o meno un pericolo immediato di crolli o frane che grava sugli abitanti della Veddasca. “In questo momento non direi”, assicura Fabio Passera, “ma non sono in grado di valutare quello che potrà accadere tra qualche anno. È un territorio estremamente fragile, insiste il sindaco, e gli eventi atmosferici, che una volta erano molto blandi e prevedibili, oggi hanno una violenza e un’intensità tale che finiscono per modificare il paesaggio: “Penso che forse i modelli su cui eravamo abituati a ragionare in passato non siano più validi”.
Mancano progetti concreti
Cosa si può allora fare per garantire il ripristino di una situazione di normalità? “La risposta è non lo so, sarebbe necessario un intervento di così vaste proporzioni per la messa in sicurezza del territorio che faccio fatica a immaginarlo. Non solo riguardo alla reperibilità delle risorse finanziarie, che non sono comunque una sciocchezza, ma sul tipo di intervento in grado di risolvere definitivamente il problema”.
L’unica via a disposizione delle autorità locali resta quella di coinvolgere gli enti superiori, che sono la competente comunità montana che raggruppa i comuni di questa zona e la Regione Lombardia. “Abbiamo bisogno che il tema Val Veddasca diventi preminente tra chi si occupa di pianificazione del territorio”, indica ancora Fabio Passera. Parte del finanziamento biennale previsto dal Pirellone per il Giona, una volta ripulito il letto del fiume, dovrebbe essere destinato a interventi strutturali di consolidamento dei versanti.
Progetti concreti e dettagliati al momento non ce ne sono ma in riva al Verbano si spera che presto venga elaborato uno studio dettagliato sullo stato idrogeologico delle zone critiche nella Veddasca, indispensabile per individuare le misure più idonee. Certo è, conclude il primo cittadino di Maccagno, che il futuro del paese è a rischio, se non interverranno importanti opere di mitigazione di questo fenomeno.
Un territorio fragile assediato dal Giona e AlpTransit
Il dissesto idrogeologico nella Val Veddasca e le esondazioni del Giona non sono gli unici aspetti problematici che si palesano nel territorio che dal confine sulla riva sinistra del Lago Maggiore arriva a Luino. Con l’apertura di AlpTransit, il sistema integrato di trasversali ferroviarie alpine di pianura, il traffico merci sulla linea del Gambarogno, che connette l’asse del San Gottardo con i terminali di Busto Arsizio e Novara, è destinato ad aumentare sensibilmente.
Sono in corso i lavori di potenziamento della tratta Bellinzona-Luino-Gallarate sulla quale i convogli, lunghi fino a 200 metri, passeranno dagli attuali 50 a 90 al giorno. Ma la rotaia corre nell’esiguo spazio, fortemente urbanizzato in alcuni punti, tra il lago e la montagna, rischiando così di compromettere il fragile equilibrio del territorio in questione.
“AlpTransit è un altro di quei temi sui quali noi sindaci non possiamo permetterci di abbassare la guardia”, rileva il responsabile del municipio di Maccagno, Fabio Passera. “Non contestiamo la politica dei trasporti che privilegia la rotaia ma è chiaro che ci sono i temi del dissesto idrogeologico a monte della linea, della sicurezza delle merci trasportate e dei piani di intervento in caso di disastro e dell’impatto ambientale e sonoro dell’infrastruttura che vanno tenuti in primo piano”.
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