Frontalieri, “attuali diritti garantiti fino alla pensione”
Rassicurazioni dalla politica sul mantenimento del vigente regime fiscale per i lavoratori transfrontalieri attualmente impiegati nella Confederazione
È in piena fibrillazione il mondo dei lavoratori frontalieri dopo l’accelerazione di queste settimane nelle trattative tra Berna e Roma sul nuovo regime fiscale che li riguarderà a breve.
Le prese di posizione negli scorsi giorni dei sindacati ai due lati del confine, che chiedono tutele rafforzate per questi lavoratori e le prime indiscrezioni, parziali e contraddittorie, sui contenuti della pre-intesa – su cui i tecnici dei ministeri delle finanze dei rispettivi paesi stanno alacremente lavorando in vista della firma entro fine anno – hanno suscitato preoccupazione tra questa categoria particolare di salariati.
“Il mantenimento dei diritti acquisiti dei frontalieri fino al pensionamento è uno dei punti cardine della pre-intesa italo-svizzera”
Garanzia dei diritti acquisiti
In particolare i dubbi maggiori sorgono sul cosiddetto “doppio binario”, vale a dire il trattamento differenziato che si delinea tra attuali frontalieri, per i quali è prevista la proroga delle norme vigenti stabilite dall’accordo del 1974 (vale a dire l’imposizione esclusiva della Svizzera temperata con il meccanismo dei ristorni all’Italia) e i frontalieri che saranno assunti in futuro nella Confederazione che saranno soggetti al nuovo regime (tassazione in Italia secondo le aliquote Irpef con detrazione del credito d’imposta di competenza elvetica) che comporterà un aggravio fiscale stimato intorno al 20-30% in funzione dell’entità del reddito.
Secondo alcune voci rimbalzate sui social media e su alcuni mezzi di informazione le garanzie a tutela degli attuali pendolari italiani potrebbero essere provvisorie e sarebbero destinate a decadere a partire da una non meglio precisata data.
Tesi che però viene ora risolutamente confutata dal deputato Pd Enrico Borghi, vicino al viceministro dell’economia e finanze Antonio Misiani che sta portando avanti i negoziati con la Confederazione. “Sono in grado di escludere questa ipotesi che non è assolutamente contemplata tra gli argomenti di cui si sta discutendo al tavolo negoziale”, osserva il parlamentare ossolano che sulla questione aggiunge che da parte elvetica non sono emerse obiezioni in proposito.
Del resto tra le indiscrezioni che erano emerse in questi giorni, su cui sono giunte anche rassicurazioni dal mondo della politica, c’è la proposta di legare la definizione di “vecchio” frontaliere al numero dell’assicurazione sociale svizzera Avs (pensione pubblica), garantendo così lo stesso status anche nel caso di cambio di cambio di impiego professionale.
“I punti cardine del nuovo accordo – aggiunge Enrico Borghi – sono il mantenimento dei diritti acquisiti dei frontalieri fino al pensionamento, indipendentemente dal luogo in cui viene svolta la loro attività e, in secondo luogo, la salvaguardia dei gettiti ai comuni di frontiera” (i ristorni versati dalle autorità fiscali svizzere all’Italia derivanti dalle imposte alla fonte sui redditi dei lavoratori transfrontalieri, ndr).
-Gli ulteriori dettagli della pre-intesa sul nuovo regime fiscale.
“Stiamo vivendo una situazione particolare dovuta alla pandemia ma c’è il comune impegno a rispettare contenuti e tempistica”
Ristorni ai Comuni ancorati nel trattato
Un flusso finanziario che sarebbe stato immediatamente soppresso in base all’intesa parafata nel dicembre 2015 ma mai firmata a Roma a causa delle forti opposizioni locali, in particolare da parte degli enti locali che in questi cinque anni hanno puntato i piedi per il timore di veder sparire risorse fondamentali per le piccole realtà di confine. E che ora nella bozza in discussione, secondo quanto è trapelato, verrebbero prorogati per un lasso di tempo intorno ai 15 anni.
“Immagino in proposito un percorso di progressiva integrazione del gettito derivante dalla tassazione dei vecchi frontalieri con le risorse garantite dallo Stato centrale”, indica il deputato piemontese. Naturalmente questo meccanismo dovrà essere contemplato all’interno del trattato internazionale che, a tal fine, “garantisca l’invarianza del gettito connesso con queste due fonti”.
Possibili surplus di gettito fiscale
E proprio in merito ai ristorni vengono prospettati al tavolo delle trattative possibili ulteriori sviluppi: dal nuovo sistema di tassazione “ci si attende un surplus di gettito che, fatte salve le prerogative dei comuni ai quali verranno assicurate risorse finanziarie invariate, potrebbe essere oggetto di concertazione con le autorità elvetiche in vista della realizzazione di infrastrutture e servizi comuni nelle zone di confine”, continua il deputato dem.
Altri sviluppi
Le novità del nuovo accordo sui frontalieri
Questo sarebbe un fattore rilevante che giustificherebbe l’inserimento del meccanismo all’interno di un trattato internazionale, spiega sempre Enrico Borghi che interviene anche sulla principale preoccupazione espressa recentemente dalle organizzazioni del lavoro, vale a dire il rischio di dumping tra vecchi e futuri frontalieri sul mercato svizzero. “Non lo vedo come un problema reale, non ci sono i margini per potenziali discriminazioni” in tal senso poiché si tratta di un regime nuovo con condizioni giuridiche nuove”, conosciute preventivamente e chiare.
Come avviene, ad esempio, per le riforme che introducono uno spostamento dell’età pensionabile che “non vanno a intaccare i diritti acquisiti”. Infatti le future norme creeranno eventuali disparità tra lavoratori residenti in Italia nei confronti del fisco svizzero ma non andranno di per sé ad intaccare i rapporti con il datore di lavoro.
Negoziati alla stretta finale
Riguardo infine lo stato dei negoziati tra delegazioni governative è ben avviata: “Stiamo vivendo una situazione particolare dovuta alla pandemia ma c’è il comune impegno a rispettare contenuti e tempistica”, si sottolinea da parte italiana.
Tutt’al più è prospettabile uno slittamento di qualche settimana per la firma rispetto al termine di fine anno evocato nel vertice a Roma tra i capi di governo Simonetta Sommaruga e Giuseppe Conte dello scorso 29 settembre. Anche perché, insiste Enrico Borghi, si vuole comunque sviluppare un ampio confronto con le parti sociali e gli enti locali coinvolti “per arrivare a una soluzione il più possibile concordata”.
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