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Per il telelavoro dei frontalieri va trovato un accordo durevole

Una donna di spalle davanti al suo Pc mentre parla al telefono.
Il tele-frontalieratto avrebbe un impatto positivo anche sull’inquinamento ambientale. © Keystone / Christian Beutler

La disdetta da parte dell’Italia dell’accordo amichevole sul telelavoro per i frontalieri è "fonte di grande preoccupazione per imprese e lavoratori". A dirlo è un’interrogazione che il deputato italiano Andrea Pellicini (Fratelli d’Italia) ha presentato giovedì al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Il Governo di Roma è dunque chiamato ad esprimersi in forma scritta sulla conclusione del “gentlemen’s agreement” di natura fiscale che durante la pandemia ha permesso ai frontalieri di lavorare totalmente in remoto da casa.

Dal 1° febbraio, ricorda il deputato, si torna dunque al regime ordinario che prevede “l’imposizione fiscale esclusiva nello Stato nel quale l’attività lavorativa è svolta”. Laddove vi fosse imposizione in Italia, “ciò – scrive Pellicini – si tradurrebbe nella decadenza dello statuto di frontaliere e conseguentemente nella cessazione del ristorno fiscale”.

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Secondo l’interrogazione, da un lato, vi è dunque “l’interesse di regolamentare in modo durevole il tema del lavoro da remoto, favorendone l’utilizzo strutturato e ragionevole che non vada a scapito delle regioni di frontiera coinvolte”. Dall’altro, la regolamentazione permetterebbe “ai lavoratori e alle imprese di continuare le loro attività, anche da remoto, senza sconvolgimenti dal punto di vista dell’imposizione fiscale e degli oneri sociali”.

Lo stesso deputato rende attento il Governo italiano che “questo obiettivo è particolarmente rilevante in una regione come quella insubrica che soffre pesantemente il traffico motorizzato”. Il tele-frontaliere avrebbe dunque un impatto positivo sull’inquinamento ambientale.

Non manca nel testo un richiamo al fatto che “l’Unione europea ha prorogato fino al 30 giugno l’applicazione flessibile delle regole europee sulla legislazione applicabile in materia di assicurazioni sociali per i frontalieri in telelavoro”. In concreto, “oltre la soglia del 25% del tempo di lavoro effettuato a distanza, scatta la competenza dello Stato di residenze sui contributi versati dal datore di lavoro e dai collaboratori dell’impresa”. Per il deputato sarebbe quindi “importante che le regole fiscali siano perlomeno parificate a quelle previdenziali”.

In conclusione, il deputato chiede “se il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere negoziati con il Governo svizzero volti a disciplinare in modo durevole il ricorso al telelavoro da parte dei lavoratori frontalieri, come richiesto recentemente anche dalla Comunità di lavoro Regio Insubrica”.

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