Perché i frontalieri della Brianza sono pronti a far causa allo Stato italiano
Il 17 luglio 2023, praticamente un anno fa, è entrato in vigore il nuovo Accordo italo-svizzero che cambia le regole sulle imposte da pagare: i nuovi frontalieri, ossia coloro che hanno firmato un contratto di lavoro dopo il 17 luglio 2023, devono pagare le imposte anche in Italia, ma con la detrazione dell’imposta alla fonte in Svizzera. Questo nuovo regime fiscale adesso vale anche per 16 comuni a meno di 20 chilometri dal Confine che non sono mai rientrati nelle liste dei vecchi frontalieri: i loro lavoratori in base all’accordo fiscale del 1974 hanno da sempre pagato le imposte, ben più alte, in Italia. E adesso sono sul piede di guerra, pronti a fare causa allo Stato italiano.
“Perché viene scoperto solo adesso che siamo frontalieri? Almeno per il futuro riconosceteci lo status non di nuovo ma di vecchio frontaliere, che gode di un “regime transitorio” e continuerà a essere tassato esclusivamente in Svizzera, fino alla pensione. In questo modo potremmo pagare meno imposte”. È lo sfogo di un lavoratore della provincia di Monza e della Brianza, attivo da anni in Ticino, che si sente preso in giro dallo Stato italiano.
“La colpa dello Stato italiano, quella cioè di non aver mai incluso i 16 comuni nelle liste dei comuni di confine, non deve ricadere sui lavoratori”
Frontaliere della provincia di Monza e della Brianza
La differenza di stipendio tra nuovi e vecchi frontalieri proprio per motivi fiscali può arrivare a 20’000 franchi l’anno per i salari medio alti (vedi: Qual è davvero la differenza di stipendio tra nuovi e vecchi frontalieri). Da qui l’importanza d’essere riconosciuti come vecchi frontalieri.
Il caso dei comuni “dimenticati”
Nella nuova lista dei comuni di confineCollegamento esterno sono comparsi nove comuni della provincia di Monza e della Brianza, quattro di Varese, due di Lecco e uno di Verbania. Tutti comuni a meno di 20 chilometri dal Ticino che non comparivano nelle vecchie liste ticinesi. “La colpa dello Stato italiano, quella cioè di non aver mai incluso i 16 comuni nelle liste dei comuni di confine, non deve ricadere sui lavoratori”, racconta il nostro frontaliere che chiede di restare anonimo.
Altri sviluppi
Le conseguenze del nuovo accordo sui frontalieri
Il caso per il Ticino e la Svizzera non esiste
Per il Ticino e la Svizzera la questione è chiara. Giordano Macchi, capo della Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino: “Queste persone non erano dei frontalieri fiscali ai sensi dell’Accordo del 1974, tale fatto era notorio e accettato anche dalle autorità fiscali italiane. Ciò significa che i soggetti in questione hanno (o avrebbero) dovuto pagare le imposte in Italia sul reddito da lavoro percepito in Svizzera. Lo scopo del periodo transitorio [per i vecchi frontalieri, ndr.] previsto dall’art.9 del nuovo Accordo è di garantire a coloro che erano frontalieri fiscali l’imposizione esclusiva in Svizzera. Pretendere che la norma si applichi a delle persone che hanno sempre dovuto pagare le imposte in Italia sullo stipendio svizzero configura un utilizzo improprio della norma e va contro la volontà delle parti contraenti”.
Il professor Samuele Vorpe, esperto in diritto tributario alla SUPSI di Lugano e fine conoscitore delle questioni fiscali legate ai frontalieri, dà esattamente la stessa interpretazione delle autorità ticinesi.
I frontalieri non ci stanno
Secondo il nostro frontaliere, la questione era nota alle autorità italiane e non hanno mai agito: “Questa è la loro colpa”. A prova della sua tesi ci mostra un atto parlamentare del 6 novembre 2013 del deputato della Lega Nord Paolo Grimoldi (in Parlamento dal 2006 al 2022). Grimoldi, in breve, chiede al Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) di inserire nella lista dei comuni di confine Lentate sul Seveso, provincia di Monza e della Brianza. Una richiesta mai esaudita. Lentate sul Seveso compare nelle liste ticinesi solo dopo il nuovo accordo.
“Quello che vogliamo è che il Ticino ci riconosca come vecchi frontalieri”
Frontaliere della provincia di Monza e della Brianza
Che lo Stato conoscesse la situazione è chiaro anche per un altro motivo, spiega il nostro frontaliere. Nella relazione illustrativa di un decreto-legge del 26 giugno 2024, si legge che “l’elenco dei comuni italiani redatto dall’istituto Geografico Militare ha fatto emergere un numero di 72 comuni compresi nella fascia di 20 km dal confine con la Svizzera che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi predisposti dai cantoni svizzeri”.
Per evitare “possibili discriminazioni tra il trattamento tributario” dei frontalieri di questi 72 comuni, non inclusi nelle vecchie liste, e i vecchi frontalieri, il Governo italiano offre a questi lavoratori la possibilità di optare per un’imposta sostitutiva all’IRPEF. La finalità della misura è quella di assicurare un carico fiscale simile a quello dei vecchi frontalieri.
Questa soluzione, spiega il nostro interlocutore, non è efficace ed è stata studiata male, un pasticcio e non risolve le discriminazioni… “Quello che vogliamo invece è che il Ticino ci riconosca come vecchi frontalieri. Non chiediamo la retroattività della misura. Solo che da oggi in avanti venga riconosciuto il nostro statuto”.
La risposta indiretta arriva ancora per voce di Giordano Macchi: “Il Canton Ticino, come gli altri cantoni svizzeri che rientrano nel campo d’applicazione materiale dell’Accordo, si attiene alla corretta applicazione del nuovo Accordo dei frontalieri, nei termini spiegati prima”.
Loro sì e noi no…
Sulla lista dei comuni di confine, il nostro interlocutore continua: “Nei vecchi elenchi è presente il comune di Solbiate Olona (VA) che dista dal confine 19,111 Km. A questo punto perché ad esempio non dovevano entrare nei vecchi elenchi Lentate sul Seveso (14,847 Km) e Misinto (17,088 Km)? Inoltre, perché Lentate era nell’elenco vecchio dei Grigioni? Dove sta scritto che deve comandare l’elenco del Canton Ticino?”
Tante domande che meritano una risposta. La Segreteria di Stato per le relazioni finanziarie internazionali (SFI), autorità competente per l’accordo con l’Italia, sottolinea il fatto che “non è il Canton Ticino che agisce in modo diverso. Anche gli altri cantoni agiscono in modo simile. Sulla questione c’è una visione comune tra Vallese, Ticino e Grigioni”.
È anche vero che in mancanza di certezze giuridiche, racconta ancora Vorpe “ogni Cantone faceva quello che voleva. Non faccio dunque fatica a credere che alcuni comuni erano considerati di frontiera dai Grigioni ma non dal Ticino”.
La lista dei comuni e i 20 chilometri
Vediamo da dove nascono i problemi di interpretazione. Il vecchio accordo del 1974 non prevedeva una definizione particolare di frontaliere e di Comune di confine.
“Per essere considerato un vecchio frontaliere occorreva essere residente nel periodo transitorio in un comune presente nella lista del vecchio accordo”
Giordano Macchi, Divisione delle contribuzioni, Ticino
Come spiega ancora Giordano Macchi: “I comuni considerati di frontiera ai sensi dell’accordo 1974 erano determinati in modo autonomo dai tre cantoni (tre liste distinte). L’accordo del 1974 non conteneva una definizione di lavoratore frontaliere (nemmeno il criterio dei 20 km) e la sua applicazione si è dunque basata per 50 anni su una prassi consolidata accettata da ambo gli Stati. Da subito la posizione svizzera è stata chiara: per essere considerato un cosiddetto vecchio frontaliere occorreva essere residente nel periodo transitorio in un comune presente nella lista del vecchio accordo del 1974”.
Il nuovo Accordo ha eliminato ogni incertezza. La nuova lista dei comuni di confine è stata condivisa dai due Paesi ed è stata sottoscritta da Italia e Svizzera il 23 dicembre 2023. In questa lista compaiono nuovi comuni che non erano presenti nella vecchia lista (ben 72).
Come è possibile? Semplicemente perché il nuovo accordo definisce “lavoratore frontaliere”, tra l’altro, colui che risiede in un comune entro 20 chilometri dalla frontiera. E questi 20 chilometri sono stati calcolati in modo rigoroso.
Secondo la SFI il concetto dei 20 km dal confine prima del nuovo Accordo non era codificato sul piano bilaterale e non aveva dunque valenza, mentre l’applicazione dell’accordo del 1974 a determinati comuni, individuati autonomamente dai tre cantoni svizzeri, è diventato nel tempo una prassi del diritto internazionale pubblico.
Altri sviluppi
Vecchi frontalieri e la controversa lista dei comuni di confine
Come scrive anche Samuele Vorpe sulla rivista ticinese di diritto del 2021, “è interessante notare come la zona di frontiera dei 20 km dal confine italo-svizzero non sia disciplinata dall’Accordo 1974”. E aggiunge “non si trova la questione dei 20 km dal confine in nessun trattato. Era una prassi, non c’era nulla di ufficiale. Per questo motivo ci sono comuni a 20 km dal Ticino nella lista dei comuni di confine e non ce ne sono altri che magari sono a 18 km…”.
Proprio per questo motivo Vorpe è convinto che “il Ticino fosse in buona fede quanto ha stilato queste liste dei comuni di confine e nessuno, d’altra parte, le ha mai contestate”. Queste stesse liste per anni sono servite per ridistribuire i ristorni ticinesi ai comuni di frontiera (nel 2022 il Ticino ha versato 107 milioni di franchi).
Ora cosa succede?
Il gruppo di frontalieri sta valutando con uno studio legale i prossimi passi da seguire. Sono pronti a chiamare in causa l’Agenzia delle entrate italiana o chi ha sbagliato in Italia in questi anni. Non è neppure escluso una causa in Svizzera se la perizia degli avvocati confermasse la responsabilità anche delle autorità elvetiche, dal Canton Ticino alla Confederazione.
“Non è possibile trovare una risposta tecnica. Esiste solo una soluzione politica”
Samunele Vorpe, prof. diritto tributario, SUPSI, Lugano
Una soluzione amichevole sarebbe auspicabile. Come racconta Samuele Vorpe, “non è possibile una risposta tecnica. Solo politica. Spetta alle autorità statali trovare un accordo amichevole che risolva il caso di questi comuni che non rientravano nella vecchia lista dei comuni di confine redatta dal Canton Ticino”.
Ma per la Confederazione e il Canton Ticino non c’è attualmente nessuna questione in sospeso: “Dal nostro punto di vista – sottolinea Macchi – non vi è nulla da risolvere, avendo già individuato le risposte tecniche alle casistiche che ci sono state sottoposte. È possibile che taluni aspetti vengano regolati in futuro, ad esempio, con norme di diritto italiano. In questo caso per noi devono essere rispettati il nuovo accordo dei frontalieri, in particolare il principio di una imposizione complessiva pari almeno a quella ordinaria svizzera, nonché i principi dell’imposizione ordinaria nello stato di residenza menzionati nella convezione”.
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