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L’incertezza riporta in Svizzera capitali italiani

Vista di una piazza in un giorno di sole; in primo piano tavolini di un bar; a sx, in fondo e a dx, palazzi otto-novecenteschi
Piazza della Riforma e i suoi dintorni, a Lugano, ospitano sedi di molti istituti bancari Keystone

L'incertezza riguardo alla politica del proprio governo spinge molti italiani a spostare parte del patrimonio nel vicino "porto sicuro" Svizzera, soprattutto in Ticino.

È vero che l’esecutivo appoggia l’appartenenza all’euro e ha promesso di non tassare i risparmi dei cittadini, ma lo scontro con l’Unione europea sul bilancio del paese altamente indebitato preoccupa la popolazione.

“Riceviamo richieste di informazioni su come si apra un conto, su come si investa e su quali alternative esistano agli investimenti in euro e in titoli di Stato italiani”, spiega alla Reuters il direttore dell’Associazione bancaria ticinese (ABT) Franco Citterio. Un fenomeno osservato dagli istituti già in altre crisi italiane: non appena cresce l’incertezza confluiscono più soldi in Svizzera.

“Rimarchiamo che le persone sono preoccupate per quanto riguarda il sistema bancario italiano e il debito pubblico”, continua Citterio. “Vogliono sapere cosa succede e investire in maniera diversificata il loro denaro”.

Anche i gestori patrimoniali del cantone riscontrano un maggiore interesse dalla vicina Penisola. “Numerosi clienti stanno diventando nervosi per la situazione in Italia. Diversi hanno cominciato a trasferire i loro soldi in Svizzera”, afferma Fabio Poma, direttore di WMM Group con sede a Lugano. “La maggior sicurezza che uno può avere al momento è portare il proprio denaro all’estero. Così la gente ha la possibilità di investire in altre valute. In Italia è un po’ difficile”.

Anche Holger Schmitz di Schmitz & Partner con sede a Brione sopra Minusio riferisce di afflussi superiori alla media nella regione. “Da inizio estate molti italiani hanno paura di un’uscita dell’Italia dall’euro.” Con l’introduzione di una nuova lira potrebbero perdere una parte dei propri patrimoni. “Questo è il motivo per cui molti ricchi del Norditalia si sono avvalsi del breve percorso per portare i propri soldi nelle banche svizzere e di convertirli in franchi”, afferma Schmitz.

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La Piazza Riforma di Lugano in una giornata soleggiata d autunno

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Un fatto confermato anche dalle statistiche della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) di Basilea, sebbene i dati si fermino a metà 2018, quando il nuovo governo italiano era appena entrato in carica. Ma la tendenza è chiara: dal terzo trimestre 2017 fino alla fine del primo semestre 2018 i patrimoni e i crediti degli italiani presso le banche elvetiche sono aumentati del 5% circa a 13,7 miliardi di dollari.

I timori degli italiani non sono casuali: lo Stato ha tentato già una volta di risanare i conti con l’aiuto di una tassa sui risparmi – nel 1992 ha iniziato a prelevare, praticamente da un giorno all’altro, un’imposta sui conti bancari.

Un fatto che non è caduto nel dimenticatoio: un imprenditore norditaliano ad esempio ha aperto in ottobre un conto presso una banca luganese per salvaguardare il suo patrimonio di mezzo milione di euro. Perché dall’arrivo del governo Conte egli è preoccupato: “non mi sento a mio agio a portare tutti i miei soldi qui. Ma voglio una strategia d’uscita sicura se la situazione dovesse peggiorare”.

Le banche ticinesi accolgono con favore simili clienti. “Per noi è una buona occasione”, spiega un manager di un istituto del cantone. Certe banche hanno perso tra il 25 e il 30% della clientela con la fine del segreto bancario, e ora possono recuperarne una parte. “Ora il denaro è trasparente, non si tratta più di evasione fiscale.”

I soldi che ora giungono nelle banche svizzere provengono soprattutto dalla parte alta della classe media italiana. Per i grandi gestori patrimoniali e banche private elvetici non si tratta comunque di grandi affari: “sono solo i risparmi di dentisti o docenti”, afferma una persona a conoscenza della situazione.

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