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Regio Insubrica, Quo Vadis?

Maroni alle celebrazioni dei 20 anni dell'organismo che unisce Ticino e province a ridosso della frontiera

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A Mezzana (Canton Ticino) si sono celebrati lunedì i 20 anni di vita della Regio InsubricaCollegamento esterno, alla presenza dei presidenti della Lombardia Roberto Maroni e del governo ticinese Manuele Bertoli. Un’occasione per fare il punto sul percorso compiuto fino ad oggi ma soprattutto sulle prospettive, non del tutto univoche, della Comunità di lavoro transfrontaliera che coinvolge un cantone cinque province italiane.

Cosa è la Regio Insubrica?

Se ne sente parlare dall’ormai lontano 1995 ma non sono chiari a tutti, nemmeno nelle zone coinvolte a cavallo della frontiera tra Cantone Ticino e province italiane, ruolo e utilità della Regio Insubrica. Nata come associazione di diritto privato, la Comunità di lavoro transfrontaliera sta conoscendo una fase di profonda trasformazione sulla spinta della riforma delle province avviata dal Governo Renzi e dell’istituzione a livello europeo dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT). Vi partecipano dalla sua creazione 20 anni fa il Canton Ticino e le province di Como, Varese e Verbania-Cusio-Ossola, oltre a numerosi altri enti locali minori come comuni e comunità montane e associazioni varie. Nel 2007 si sono aggiunte le province di Novara e Lecco.

A cosa serve?

Il suo scopo fondamentale è quello di “promuovere la cooperazione transfrontaliera nella regione italo-svizzera dei laghi prealpini” (Maggiore, Ceresio e Lario) attraverso, innanzitutto, lo scambio di informazioni, la conoscenza reciproca e la messa in rete di risorse e iniziative. La presa di coscienza della comune origine e cultura viene considerato il requisito fondamentale per favorire lo sviluppo di importanti progetti di respiro transnazionale e promuovere la regione dal profilo economico e sociale, di fronte alle sfide portate dalla globalizzazione.

In pratica però finora il suo ruolo si è incentrato soprattutto nella promozione di eventi turistici e di progetti Interreg e nell’attività di consulenza legata al mondo del lavoro (in particolare sulle diverse norme d’accesso al mercato professionale nei due paesi). Recentemente ha commissionato un interessante studio per connettere il mondo produttivo insubrico con il sistema creditizio-finanziario ticinese che in prospettiva potrebbe agevolare gli operatori economici a sud del confine.

Quali sono i suoi limiti?

Il funzionamento della Regio Insubrica è fortemente limitato da quello che si potrebbe definire un vizio di nascita, di natura istituzionale. Il Ticino, essendo un Cantone all’interno di uno Stato federale, gode di ampie autonomie in ambito fiscale, politico e normativo mentre le province italiane, anche prima della riforma Derlrio, sono in realtà semplici enti di decentramento amministrativo che devono far capo a Regione e Stato per ogni decisione. Per questo motivo, per quanto gli organi della Regio (comitato e assemblea) possano attivarsi e discutere, la sua efficacia è risultata in questi anni piuttosto ridotta. Questa “squilibrio istituzionale” è all’origine del fatto che, nonostante l’evidente sproporzione in termini territoriali e demografici, sede e presidenza siano appannaggio del Cantone Ticino.

Quali futuri possibili?

Lo svuotamento politico delle province italiane ha reso ulteriormente problematica la sopravvivenza della Regio Insubrica. Ma per il momento gli eredi (lontani) degli Insubri – agglomerato di popolazioni preromane autoctone e di origine celtica che popolò anticamente la zona prealpina – non sembrano intenzionati a issare bandiera bianca. Nell’assemblea tenutasi lo scorso mese di settembre a Villa Recalcati a Varese si è voluto infatti dare il via all’iter per la creazione di un nuovo soggetto giuridico nel quadro dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT)Collegamento esterno che si stanno diffondendo in Europa e che vedono la partecipazione anche di altre realtà elvetiche, come le euroregioni Bodensee (Lago Badanico) e TriRhena (Alto Reno).

Interlocutori del Cantone Ticino sul versante italiano sono quindi destinati a essere in futuro non più le province ma le regioni Lombardia e Piemonte. Ma soprattutto, e questo è un aspetto non secondario, questi organismi sono dotati di maggiori autonomie tanto da consentire loro, ad esempio, di ottenere e gestire direttamente i fondi Interreg, stanziati dall’Unione europea per progetti regionali transfrontalieri.

Problemi da risolvere

Le norme che regolano il funzionamento di questi GECT devono provenire dall’UE o da uno stato membro, così come la sede che deve essere all’interno dell’Unione. Ma ovviamente il Ticino non può assoggettarsi sic e simpliciter a prescrizioni europee. Su questo punto però si stanno studiando gli opportuni correttivi che non sembrano insormontabili.

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