Scarichi a lago pomo della discordia tra Svizzera e Italia
Se ne è occupato ieri in parlamento a Berna
La questione è annosa e non sembra vicina ad una soluzione. Riguarda in particolare lo scarico di liquami nelle acque antistanti il comune italiano di Porto Ceresio, proprio sul confine, liquami che evidentemente inquinano l’acqua “italiana” così come quella “svizzera”.
Per il Governo svizzero, che ieri ha risposto ad un’interpellanza del deputato ticinese Lorenzo Quadri, questo tema “è stato oggetto di discussioni periodiche tra le autorità elvetiche e italiane e continuerà ad esserlo in futuro finché il problema non verrà risolto”.
Nella sua risposta, il Governo non entra nel merito delle «inadempienze» da parte italiana denunciate dal deputato leghista, che aveva ricordato come solo l’anno scorso l’Italia avesse garantito l’inizio dei lavori «di risanamento per ovviare allo scarico dei liquami nel lago, con l’obiettivo di normalizzare la situazione già nel corso dell’estate 2015».
Nonostante le promesse, «ciò evidentemente non è accaduto», chiosa il consigliere nazionale ticinese che denuncia ancora una volta la non balneabilità delle acque affibbiata al comune affacciato sul lago di Lugano.
La mancata balneabilità di parti del Ceresio nuoce a tutto il bacino lacustre, nonché all’attrattiva turistica del lago nel suo insieme. Una situazione tanto più deplorevole, secondo Quadri, se si considera che i ristorni all’Italia delle tasse pagate in Svizzera dai frontalieri, dovrebbero essere utilizzati dalle località di confine proprio «per la realizzazione di opere infrastrutturali (ed in prima linea di quelle d’interesse comune italo-svizzero), ma che evidentemente vengono consumati nella gestione corrente dei comuni beneficiari, senza creare alcun valore aggiunto».
gin/ATS
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