Shopping ad Arese, a che prezzo?
La protesta di Giacomo, 26 anni, assunto al centro commerciale e licenziato, come altri, a pochi giorni dal termine del periodo di prova
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“Shopping, a che prezzo?” La protesta dei licenziati di Arese
“Disoccupato. #shoppingacheprezzo” Si è fatto stampare questa scritta sulla maglietta Giacomo Marini, 26 anni, dopo essere stato licenziato alla fine di un regolare periodo di prova. Una forma di protesta contro l’ingiustizia subita, lo slogan col quale il giovane di Paderno Dugnano, figlio di commercianti, ha deciso di combattere.
Il 22 febbraio il suo sogno inizia quando viene assunto con un contratto di 6 mesi dal marchio di abbigliamento H&M in vista dell’apertura ad Arese del centro commerciale più grande d’Europa. Sono circa 100 quelli chiamati. Ma il 26 maggio il sogno finisce. Lo licenziano. Prima di lui stessa sorte per altri 12. Succede sempre a pochi giorni dalla fine del periodo di prova.
Nel grande centro commerciale di Arese, dove spopola lo shopping a basso costo, la lotta è all’ultimo cliente e al prezzo minore. “E sul campo restano le speranze dei tanti giovani come me che si lasciano sfruttare credendo di aver trovato un posto», dice Giacomo.”Ti chiedevano sempre di dare il massimo, e io ci ho messo l’anima, ma dopo pochi giorni era chiaro che solo pochi avrebbero superato i 60 giorni di effettivo lavoro e ottenuto un contratto. Si viveva con il terrore, cadevano le teste una dopo l’altra. Finché è toccato anche alla mia”.
È il 53esimo giorno di lavoro di Giacomo ad Arese: lo chiamano in ufficio, c’è la lettera di licenziamento. “Mi sono rifiutato di firmarla“, dice. La motivazione è per tutti la stessa: “Mancato superamento del periodo di prova“.
“In che cosa non sono andato bene?”, chiede. Nessuno gli risponde, anzi nessuno ancora gli ha risposto dopo un mese. Così ora ha deciso di raccontare la sua storia fatta di lavoro precario.
Giacomo ha anche aperto una pagina Facebook, #shoppingacheprezzo, in cui raccogliere tutte le testimonianze di chi come lui ha vissuto o vive ingiustizie lavorative simili, e magari creare una rete di ascolto e aiuto.
Claudio Moschin
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