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Spataro: per vincere le mafie serve cooperazione

"I criminali non hanno frontiere", ricorda l'attuale Procuratore di Torino; la collaborazione tra Paesi dev'essere "immediata, assoluta, spontanea"

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Sono passati oltre 20 anni dalla verità processuale che ha dimostrato l’esistenza della mafia nel Nord Italia, quale che sia la sua provenienza. Proprio negli anni ’90, tra Varesotto e Comasco, alle porte della Svizzera, andarono alla sbarra potenti capi dell’ndrangheta. Ad inchiodarli fu anche il lavoro di Armando Spataro, oggi Procuratore della Repubblica di Torino. Un libro uscito in Italia in queste settimane, “Il male accantoCollegamento esterno“, del giornalista Massimiliano Comparin, ha riportato alla ribalta della cronaca quelle inchieste alla frontiera.

A proposito di malavita organizzata, la commissione antimafia nel 2011 ha calcolato che tra il 1961 e il 1971, nella sola Lombardia sono giunte 372 persone sottoposte a sorveglianza speciale, soprattutto per indagini di mafia. Nella provincia di Milano se ne contano 48, a Brescia 51, a Como 44, a Bergamo 61, a Cremona 36, a Pavia 48, a Mantova 34, a Sondrio 21 e a Varese 29. Un pezzo di Aspromonte è arrivato attorno al Ticino, con tanto di sequestri di persona che ancora oggi rimangono avvolti nel mistero.

Il passato di Armando Spataro, la sua lunga esperienza, gli permettono di discettare su questi temi e di dispensare qualche consiglio in merito alla malavita organizzata transnazionale, come quello di cooperare maggiormente nella diffusione di informazioni tra Stati anche e soprattutto in questo delicato momento, al di là della costituzione di squadre comuni tra Stati. Cosa che non sempre – e lo dice lui – risulta semplice.

Prima di giungere a Torino, dove lo abbiamo incontrato all’interno del Palazzo di Giustizia, Spataro coordinava a Milano il dipartimento Terrorismo ed eversione e si occupava di terrorismo interno ed internazionale, anche di quello di matrice islamica. Per anni è stato anche pubblico ministero della direzione Antimafia del capoluogo Lombardo.

Il magistrato ha ricordato come l’ndrangheta al Nord non ha cominciato con chissà quali reati ma con il commercio del Bergamotto dalla Costa Azzurra, poi è passata a: contrabbando di sigarette, usura, sequestri e droga. Un crescendo “nero” con un contorno di omicidi e con la volontà di avvicinarsi ai centri economici dove è possibile investire.

Oggi si uccide di meno. La stessa frontiera pare essere più tranquilla. Ciò è dovuto anche alla maggiore e migliore risposta delle autorità giudiziarie. Sono inoltre cambiati gli interessi su come investire da parte della criminalità.

Il traffico di rifiuti e l’edilizia, per esempio, sono nuovi canali dove i gruppi mafiosi capitalizzano e le attività in questione suggeriscono ipotesi di alleanza tra le varie organizzazioni. Non ci si fa la guerra, non in strada almeno. C’è un progetto di divisione degli appalti, di interessamento dei rapporti internazionali, come ricorda Armando Spataro, che determinano accordi che portano ad una netta diminuzione degli omicidi.

Il male però, per la Svizzera – e la scoperta di riunioni di calabresi nel canton Turgovia, a Fraunfeld, ne è una prova – non è più solo “accanto”, ma anche “dentro”.

Simone Della Ripa

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