Spy story sul Lago Maggiore: Italia in pericolo tra Mossad e servizi iraniani
La tragedia consumatasi sul Lago Maggiore, dove hanno perso la vita quattro persone, continua a destare parecchio interesse e suscitare non poche perplessità. In particolare, la decisione di rivelare alla stampa i nomi delle vittime – membri dei servizi segreti italiani e israeliani – potrebbe compromettere l'anonimato e la sicurezza di molti colleghi delle vittime.
“I servizi segreti iraniani non dimenticano e hanno una memoria di ferro. Se è vero che, e ripeto se, dietro a quanto successo sul Lago Maggiore ci fosse una missione congiunta italo-israeliana contro il nemico di sempre di Israele, per impedirgli di acquistare componenti tecniche e le attrezzature per progetti nucleari e militari, allora l’Italia potrebbe diventare un bersaglio dell’Iran”. Così si esprime con noi un ex alto dirigente dell’intelligence italiana dopo le rivelazioni su quanto accaduto a fine maggio sulle rive del Lago Maggiore.
Facciamo un passo indietro
Un compleanno da festeggiare sul lago con gli amici. La traiettoria insolita della tempesta sul Lago Maggiore proveniente da Nord Est, raffiche discendenti che superano i 100 km/h. Una barca senza pescaggio sovraccarica che naufraga nella tempesta. Quattro morti tra cui un ex agente del Mossad, due membri dell’intelligence italiana e una donna di origini russe.
“L’Italia potrebbe diventare un bersaglio dell’Iran”
Ex alto dirigente dell’intelligence italiana
Sembrava davvero l’inizio di una promettente ‘spy story’ ambientata a pochi passi dal confine italo-svizzero. Invece è la nuda cronaca di quanto successo il 28 maggio scorso. Lo skipper, di 60 anni, è ora indagato per omicidio e naufragio colposo dalla Procura di Busto Arsizio. Era lui a guidare la cosiddetta ‘house boat’, una sorta di piattaforma galleggiante, più che una barca, di 16 metri che navigava sul Lago oltre l’ora prevista per il rientro e che è stata affondata nella tempesta che si è scatenata con raffiche che hanno raggiunto anche i 100 chilometri all’ora.
Tra le vittime nel naufragio, oltre alla moglie del proprietario del natante, una donna di nazionalità russa la cui nazionalità però non risulterebbe significativa, anche un uomo e una donna di 53 e 62 anni, membri dei servizi segreti italiani e un agente del Mossad, ufficialmente in pensione, di 53 anni. Dei tre agenti, si saprà quasi subito i loro nomi. Da qui l’indignazione all’interno dei servizi di intelligence italiana e israeliana. “Dare i nomi degli agenti è come indicare un bersaglio semplice da colpire”, aggiunge la nostra fonte.
Per tutti è stato indicato l’annegamento come causa della morte, anche se non sono state fatte le autopsie. Altre 19 persone si sono salvate. Secondo la stampa, che ha visionato le relazioni dei carabinieri ai magistrati, 13 erano agenti del Mossad israeliano e altre otto persone erano agenti dell’Aise, il servizio segreto italiano per l’estero, facente parte del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica che ha compiti e attività di intelligence al di fuori del territorio nazionale italiano.
La gita sul lago, secondo la versione ufficiale, è stata organizzata per festeggiare il compleanno di uno dei componenti della gita. Non sono mancate ovviamente le ipotesi su cosa ci facesse una imbarcazione piena di agenti segreti sul Lago Maggiore. Si saprà in seguito che agenti italiani e israeliani si trovavano sul Lago Maggiore nell’ambito di un’operazione congiunta e, per celebrarne il successo, avevano organizzato il viaggio sulla Goduria, una nave di proprietà del Comandante Claudio Carminati, un fidato contatto dell’intelligence italiana. Non solo. La Goduria era già stata utilizzata per altre missioni e celebrazioni.
La storia della festa di compleanno, infatti, da subito è sembrata poco credibile. Il fatto che Israele abbia inviato immediatamente il Bombardier executive, l’aereo delle missioni più segrete del Mossad per riportare a Tel Aviv i superstiti al naufragio – scrive ad esempio il ManifestoCollegamento esterno – rivela l’importanza delle persone e della loro missione in Italia.
“Il fatto che Israele abbia inviato l’aereo delle missioni più segrete del Mossad rivela l’importanza delle persone e della loro missione in Italia”
Michele Giorgio, Il Manifesto
Ai funerali dell’ex agente israeliano c’era anche il capo del Mossad, che ha tenuto l’elogio funebre, e lo stesso ufficio del premier Benyamin Netanyahu ha diramato un comunicato per ricordare che la spia morta – senza citarne il nome – ha “dedicato la sua intera vita alla sicurezza dello Stato di Israele per decine di anni anche dopo essere andato in pensione”.
Non solo. I superstiti sono stati portati al pronto soccorso e sono stati sentiti dai Carabinieri. Ma tutti sono rapidamente scomparsi: chi legge ‘spy story’ sa che queste operazioni in gergo militare si chiamano ‘esfiltrazioni’. Gli israeliani sono stati riportati nel loro Paese e anche gli italiani sembra abbiano subito lasciato immediatamente l’ospedale.
Nomi e cognomi
Di questa vicenda ciò che maggiormente sconcerta l’ambiente dell’intelligence, è però la pubblicazione sulla stampa dei nomi dei tre agenti – due italiani e un israeliano – morti nell’incidente. Come recita un articolo pubblicato sul sito Intelligence onlineCollegamento esterno, “al di là dello shock iniziale causato dall’incidente, l’incidente ha suscitato molto risentimento all’interno dei servizi di Intelligence. Alfredo Mantovano, delegato per la Sicurezza della Repubblica, ha rivelato alla stampa i nomi delle vittime. La decisione affrettata, presa sotto la pressione delle circostanze, potrebbe compromettere l’anonimato e la sicurezza di molti colleghi delle vittime”.
Anche in Israele la pubblicazione dei nomi delle vittime ha destato sorpresa e pone gli stessi problemi di sicurezza. “Le autorità italiane hanno cercato di riscattarsi – continua l’articolo su Intelligence online – organizzando una rapida operazione per proteggere le identità degli altri agenti israeliani presenti, prelevandoli in gran segreto dall’ospedale e presso il loro albergo per poterli allontanare velocemente dalla zona”.
L’articolo e le preoccupazioni annesse sono pienamente condivisi dalla nostra fonte come, a suo dire, anche dai membri dei servizi ancora in attività. “Il diritto all’informazione è sacrosanto – insiste la nostra fonte – ma è da stupidi attirare gratuitamente l’interesse di servizi segreti stranieri su fatti e soprattutto nomi che dovevano restare assolutamente segreti”.
“Gi iraniani, se davvero sono coinvolti, non dimenticano facilmente e la loro memoria è proverbiale all’interno dell’ambiente”
Ex alto dirigente dell’intelligence italiana
A causa della “maldestra comunicazione dei nomi degli agenti, la sicurezza di colleghi è messa in grave pericolo: come ho già detto – continua la fonte – gli iraniani, se davvero sono coinvolti, come sembra sia il caso, non dimenticano facilmente e la loro memoria è proverbiale all’interno dell’ambiente. Non succederà niente oggi o domani ma presto o tardi, statene certi, otterranno la loro rivincita: l’Italia è il loro bersaglio e con la pubblicazione dei nomi sanno anche con chi prendersela”.
Ora che la vicenda si dipana, le paure dell’ex alto dirigente dell’intelligence italiana, si fanno ancora più concrete: “In un paese come l’Iran, dove se bevi una Coca cola finisci dimenticato in un qualche carcere se sei fortunato, direi ai cittadini italiani che si trovano là di stare attenti. Basta un nulla per scomparire per sempre”.
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