Storie sul confine
Di frontalierato e di frontiera si parla tanto in questi ultimi anni. Dietro a questo fenomeno spesso criticato, si celano però esperienze e storie di persone la cui quotidianità è segnata dal confine con la Svizzera.
Il concetto di confine tra Italia e Svizzera ha da sempre avuto peculiarità specifiche che ne hanno connotato l’evoluzione nei secoli. Spesso, in particolare dall’inizio del XVI secolo, è stato più che altro una barriera politica (più raramente militare) ma non culturale. E le genti hanno continuato a spostarsi tra le regioni di frontiera, indipendentemente dalle implicazioni di natura istituzionale e amministrativa. La loro quotidianità ha sempre prevalso sulle contingenze storiche e sulle convenzioni. Lo testimonia lo sviluppo delle aree economiche ai due lati della frontiera che si sono evolute, in particolare nell’800 e soprattutto del secondo dopoguerra, in modo complementare e coordinato in funzione delle rispettive risorse e interessi: nell’ultimo mezzo secolo, imprenditoriali e finanziarie su suolo svizzero e soprattutto umane al di là del confine.
La crescita economica in Ticino, ma in modo non trascurabile anche nei Grigioni e in Vallese, è da attribuire in misura significativa alla disponibilità di abbondante manodopera nelle province di frontiera. Un posto di lavoro su tre in Ticino è occupato da un frontaliere italiano (69’600 su un totale di 232’200 occupati nel 2020) e la presenza di questa categoria di dipendenti risulta indispensabile in molti rami economici (edilizia, industria, sanità, commercio e turismo). In quest’ottica offre un quadro d’assieme storico del fenomeno una pubblicazione di Paolo Barcella, di cui abbiamo incontrato l’autore nel servizio che segue.
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Frontalieri, il problema è l’esplosione dei notificati
Le frontiere permeabili che seguono l’evoluzione economica e demografica delle popolazioni locali sono però anche fonte di attriti e tensioni sociali che riemergono a cadenze più o meno regolari sulla scia di eventi politici ed economici. Movimenti politici, come la Lega dei Ticinesi nella Svizzera italiana e il Mouvement des Citoyens Genevois (Mcg) a Ginevra devono indubbiamente le loro fortune alla concorrenza sul mercato del lavoro esercitata dalla manodopera pendolare estera.
Ma si tratta di visioni che fanno presa solo su una parte dei residenti: la fitta rete di relazioni (sociali, professionali e di altra natura) che travalicano i confini hanno consolidato negli anni i rapporti tra le due comunità, come testimoniano le iniziative di solidarietà a favore dei pendolari italiani prese in occasione della prima ondata pandemica nel marzo 2020, che aveva portato alla chiusura delle frontiere.
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Caro frontaliere, ti ospito io!
Chi passa il confine quotidianamente per lavoro, studio o altro ancora non è però solo una cifra statistica o un controverso e anonimo protagonista (involontario) del dibattito politico. Al riguardo abbiamo proposto diversi sintetici ritratti di alcuni di loro che ci fanno forse capire meglio, attraverso storie personali ed esperienze reali, le problematiche cui sono confrontati individui che vivono concretamente la frontiera. La serie video “FronteRetro: storie sul confine” curata da The Italy Diaries costituisce in questo senso un efficace strumento che contribuisce a smontare molti luoghi comuni.
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La frontiera raccontata da chi la vive
Lungo il confine si sono articolate per decenni anche vicende di contrabbandieri, passatori e disperati che fuggivano da guerre e miseria. Il passaggio clandestino di merci, soprattutto sigarette, caffè, cacao, zucchero e riso ad opera di “spalloni” che conoscevano a menadito i sentieri ha garantito la sopravvivenza di molte famiglie in queste povere zone montane. Attività che erano contrastate dalle autorità italiane, che applicavano elevati dazi su questi prodotti mentre al di qua del confine venivano tollerate, se non favorite, dal momento che costituivano una fonte di reddito per i commerci locali. Poi la visione romantica e il consenso sociale su queste attività sono venuti meno con l’arrivo di organizzazioni criminali che, in particolare nel settore del tabacco, hanno monopolizzato questi traffici, almeno fino alla fine degli anni ’70.
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Il sentiero del contrabbando
Le terre insubriche, considerate tutto sommato regioni periferiche rispetto ai grandi centri di Milano, Zurigo e Basilea, sono state però protagoniste assolute in determinati momenti. Lo furono ad esempio nel corso del secondo conflitto mondiale quando centinaia di ebrei cercarono di riparare nella Confederazione, dopo l’occupazione nazista della penisola seguita all’8 settembre (1943).
L’esito di questi disperati tentativi non fu uniforme e anche la storiografia non è concorde su questi avvenimenti. Di sicuro c’è che molte famiglie di perseguitati (non tutte ma il caso di Liliana Segre, ad esempio, è emblematico) trovarono la salvezza in Svizzera e questo grazie anche alla solidarietà e all’aiuto di persone che si adoperarono per far passare loro la frontiera attraverso disagevoli sentieri di montagna.
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Quel sentiero di montagna che diede la salvezza a migliaia di ebrei
Più recentemente, sull’onda delle vaste contestazioni studentesche e operaie della fine degli anni ’60 si è conosciuta la stagione della lotta armata che ha fatto centinaia di vittime nel corso degli anni ’70 e ’80 in Italia. Gli anni di piombo hanno risparmiato invece la Confederazione anche se i protagonisti di queste sanguinose vicende si sono avvalsi del sostegno di reti circoscritte presenti al di qua del confine.
La Svizzera ha funto per alcuni di questi personaggi da rifugio temporaneo e da retrovia logistica. Tvsvizzera ha incontrato uno dei protagonisti di queste vicende che racconta in prima persona i rapporti avuti con terroristi italiani. Storie che oggi, dopo la caduta del Muro e l’esplosione della globalizzazione, sembrano appartenere a tempi assai più lontani.
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“Quando fu rapito Moro ero a Parigi con Toni Negri”
Negli ultimi anni, con lo spuntare delle grandi migrazioni di massa verso l’Europa, a seguito di conflitti e crisi in Africa e Medio Oriente, le attività illegali lungo la “ramina” si sono adattate al nuovo contesto. All’ombra delle creste alpine o sulle trafficate arterie autostradali i passatori accompagnano, dietro compenso, i profughi, sbarcati nell’Italia meridionale o giunti dalla rotta balcanica, verso il Nord Europa. E in questo caso ad essere sollecitate sono le guardie di confine e i corpi di polizia elvetici che si adoperano per evitare che vengano violate le rigide norme svizzere sugli stranieri e allentare le pressioni sul confine sud.
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Confine italo-svizzero, teatro della lotta ai passatori
Frontiere e frontalieri fanno da sfondo anche alle vicende di una fortunata serie radiofonica e televisiva satirica prodotta dalla Radiotelevisione svizzera RSI negli scorsi anni e che ha per protagonisti la guardia di confine elvetica Loris Bernasconi (Paolo Guglielmoni) e il pendolare lombardo Roberto Bussenghi (Flavio Sala) che deve subire quotidianamente le angherie dello zelante doganiere al suo passaggio dal valico stradale di Bizzarone alla guida dell’immancabile Panda rossa. La coppia ha anche interpretato il film Frontaliers Disaster uscito nelle sale cinematografiche svizzere e distribuito anche su dvd che costituisce il naturale seguito della serie.
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Frontaliers sul grande schermo
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