Le novità del nuovo accordo sui frontalieri
Non un euro in meno ai comuni, non un euro in più di tasse ai frontalieri. È quanto ha assicurato il segretario della Commissione Esteri del Senato Alessandro Alfieri (Pd) in merito all'imminente nuova intesa sulla fiscalità dei frontalieri che dopo cinque anni di stallo e incomprensioni tra Italia e Svizzera sta per essere perfezionata.
Entro la fine dell’anno l’accordo sarà parafato, ha fatto sapere un po’ a sorpresa lo scorso 28 settembre il ministro degli Esteri elvetico Ignazio Cassis, concetto ribadito il giorno dopo nell’incontro a Roma tra la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga e il capo del governo italiano Giuseppe Conte. Gli ostacoli che finora impedivano la ratifica da parte di Roma dell’intesa preliminare, raggiunta nel dicembre 2015 dalle commissioni tecniche dei due paesi, sembrano infatti superati.
Il nuovo regime fiscale non si applicherà agli attuali frontalieri
Il nuovo testo, che dovrebbe essere sottoscritto al termine della consultazione in corso tra organizzazioni sindacali e istituzioni locali, riprende infatti l’impianto di quella bozza ma al contempo introduce sostanziali novità.
Il nuovo regime fiscale non si applicherà agli attuali frontalieri (residenti nella fascia di 20 km dal confine), che continueranno ad essere tassati esclusivamente dalla Confederazione e potranno andare tranquillamente in pensione con le vigenti disposizioni. La loro situazione non muterà infatti anche in caso di cambio di lavoro dal momento che la definizione di “vecchio frontaliere” sarà ancorata al numero di previdenza professionale elvetico (AVS).
Nuovi frontalieri, nuovo sistema d’imposizione
Per i futuri lavoratori pendolari italiani varrà invece un sistema impositivo concorrente: saranno tassati dall’Agenzia delle entrate in base alle aliquote IRPEF ma sarà loro riconosciuto un credito d’imposta corrispondente a quanto prelevato alla fonte sui loro salari dal fisco elvetico. Per questi ultimi si prospetta un oggettivo aggravio fiscale – stimato intorno al 20-30% secondo stime del sindacato Ocst – ma va sottolineato che quando entreranno nel mercato del lavoro confederato avranno piena conoscenza delle nuove regole del gioco.
Roma si impegna a creare un fondo strutturale di sostegno di pari entità dei ristorni a favore degli enti locali .
L’altro aspetto problematico riguardava i ristorni – vale a dire la quota (38,8%) delle imposte alla fonte sui salari di questa categoria di lavoratori che viene annualmente riversata dai cantoni svizzeri (via Roma) ai comuni di frontiera – che sono destinati a sparire con il nuovo regime fiscale concorrente. Nella pre-intesa delle scorse settimane è previsto un periodo transitorio di 15 anni durante il quale saranno prorogati questi fondi. Da parte sua Roma, come spiega nell’intervista audio il senatore varesino Alessandro Alfieri, si impegna a creare un fondo strutturale di sostegno di pari entità a favore degli enti locali cui verranno a mancare queste risorse finanziarie.
In cambio dell’esenzione degli attuali frontalieri dal futuro regime fiscale e della proroga (parziale) dei ristorni, la Svizzera, che preme da anni per la firma dell’accordo allo scopo di attenuare il fenomeno di dumping salariale sul mercato del lavoro interno, vedrà aumentare la quota fiscale di sua competenza sui redditi dei lavoratori pendolari dall’attuale 61,2% all’80% (era del 70% nel testo parafato nel 2015).
Un compromesso che alla luce degli ultimi correttivi sembra ora accettabile da entrambe le parti e che nelle prossime settimane sarà sottoposto alla consultazione degli enti e delle organizzazioni interessate. La firma dei rispettivi governi, come annunciato da più parti, dovrebbe arrivare entro fine anno e per tutto il 2021 seguirà l’iter parlamentare relativo alla sua ratifica.
Ecco l’intervista al senatore Pd, Alessandro Alfieri, segretario della Commssione Estero del Senato:
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