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Vecchi o nuovi frontalieri, la pensione non cambia

Quattro anziani seduti su una panchina.
La questione fiscale non ha niente a che vedere con la questione previdenziale. KEYSTONE

Per nuovi e vecchi frontalieri e frontaliere, la disparità di trattamento esiste solo durante il periodo di attività professionale. Il nuovo accordo sull’imposizione dei frontalieri del 17 luglio 2023 non ha infatti nessuna incidenza sulle loro pensioni.   

Alla fine di giugno erano 91’633 i lavoratori e le lavoratrici italiane che varcavano ogni giorno il confine, stando agli ultimi dati pubblicati lunedì dall’Ufficio federale di statistica. La maggior parte di loro – 78’925 per la precisione – svolge la sua attività in Ticino.  

Rispetto al trimestre precedente c’è stato un aumento dello 0,3% ma su base annua i frontalieri in Ticino sono leggermente diminuiti (-0,4%). 

Ultimamente la discussione non verte tanto sul loro numero ma sulla distinzione tra nuovi e vecchi frontalieri e frontaliere e la relativa disparità di trattamento fiscale. Ma attenti. C’è una confusione di fondo sulla distinzione tra l’aspetto fiscale e l’aspetto previdenziale. Il primo si basa sull’accordo bilateraleCollegamento esterno italo-svizzero entrato in vigore il 17 luglio 2023, l’altro su un regolamento europeo che si applica anche in Svizzera (ovvero il Coordinamento UE dei regimi di sicurezza socialeCollegamento esterno che prevede regole comuni per tutelare i diritti previdenziali dei cittadini che si spostano all’interno dell’Europa e che vale anche per il Paesi AELS). Il primo distingue i vecchi e i nuovi frontalieri, il secondo no. Alla domanda se un nuovo frontaliere venga penalizzato a livello pensionistico, la risposta è dunque “no”. 

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Monete e banconote svizzere su un tavolo.

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Qual è davvero la differenza di stipendio tra nuovi e vecchi frontalieri

Questo contenuto è stato pubblicato al Cifre alla mano la differenza di stipendio tra vecchi e nuovi frontalieri è evidente, soprattutto per i salari medio alti, tanto da spingere i potenziali nuovi frontalieri a rifiutare le offerte di lavoro ticinesi.

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Se, come abbiamo più volte riferito, il salario finale di un frontaliere o di una frontaliera a parità di lavoro e condizioni, una volta pagate le imposte, può differire anche fino a 20’000 franchi all’anno, a livello pensionistico le cose non cambiano. Vediamo perché. 

Come funziona la pensione in Svizzera?

Senza entrare troppo nei dettagli, in Svizzera la previdenza sociale, costituita da un sistema misto pubblico-privato, poggia sui cosiddetti “tre pilastri”, ovvero tre forme diverse e complementari di previdenza. 

I tre pilastri.
Il sistema pensionistico svizzero. swissinfo.ch

L’AVS (assicurazione vecchiaia e superstiti) è la previdenza statale obbligatoria e costituisce il I° pilastro del sistema pensionistico (per capirci, si tratta grosso modo della pensione italiana). Ogni persona adulta che lavora o risiede in Svizzera deve versare contributi a questa assicurazione, e lo stesso vale per i datori di lavoro. Non c’è alcun accumulo di capitale. Raggiunta l’età della pensione, le donne e gli uomini beneficiano di una rendita di vecchiaia. Si tratta di una pensione “sociale”: anche se durante l’attività lavorativa un lavoratore ha versato milioni di franchi, la sua rendita è bloccata a un massimo fissato dal Parlamento.  

Attualmente questa rendita mensile massima dell’AVS è di 2’450 franchi (2’546 euro) per la persona singola mentre per le coppie sposate la rendita massima è fissata a 3’675 franchi (3’819 euro). Quella minima è invece di 1’225 franchi (1’273 euro).  

“La rendita elvetica per i frontalieri in pensione non viene versata dall’INPS ma direttamente dalla Confederazione”

Pancrazio Raimondo, sindacalista UIL

Alla rendita AVS si deve aggiungere la previdenza professionale obbligatoria per i dipendenti (detta anche cassa pensioneCollegamento esterno, che in Italia è paragonabile al TFR, il trattamento di fine rapporto) che costituisce il II° pilastro del sistema. Anche in questo caso è finanziata in maniera paritaria dal personale salariato e dai datori di lavoro. La previdenza professione funziona però sul principio della capitalizzazione: i contributi versati alla cassa pensione vengono investiti per ricavarne un rendimento. Al momento del pensionamento, il capitale versato è convertito in rendita. In breve, a differenza del primo pilastro, la rendita dipende da quanto hai guadagnato e versato. 

Questi primi due pilastri hanno come obiettivo il mantenimento del tenore di vita precedente. Il III° pilastro del sistema – facoltativo – funziona come una cassa di risparmio e consiste nell’effettuare versamenti volontari su un conto privato e vincolato e può avere forma di un conto bancario o di una polizza assicurativa sulla vita.

Chi versa la pensione ai frontalieri?

Capito il funzionamento del sistema previdenziale elvetico, ci si può chiedere chi paga le pensioni ai frontalieri e alle frontaliere italiane.  Come ci spiega il sindacalista dell’UIL frontalieriCollegamento esterno Pancrazio Raimondo, “ogni Paese paga i propri contributi separatamente. Se un lavoratore frontaliere italiano ha lavorato anche in Italia, riceverà due pensioni distinte, una dalla Svizzera e l’altra dall’Italia secondo le regole proprie di ciascun Paese”. 

Questo significa che “vi è un rapporto assicurativo diretto tra lavoratore ed ente previdenziale. Se ho lavorato in Svizzera e ho versato i contributi in Svizzera – chiarisce Raimondo – la pensione viene versata direttamente dalla Svizzera. Quindi, contrariamente a quanto si possa pensare, la rendita elvetica per le lavoratrici e lavoratori frontalieri in pensione non viene versata dall’INPS ma direttamente dalla Confederazione”. 

Chi tassa le rendite?

“La questione fiscale non ha nulla a che vedere con la questione previdenziale”. Pancrazio Raimondo tiene molto a questa distinzione. Se proprio vogliamo parlare di fiscalità, la domanda è un’altra: come viene tassata dall’Italia la pensione dei frontalieri che ricevono dalla Svizzera? 

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(I dati della tabella non riguardano solo i frontalieri ma tutte le rendite che la Confederazione versa a pensionati residenti in Italia che hanno diritto alla rendita elvetica).

In base alla Convenzione tra Italia e Svizzera contro le doppie imposizioni, le rendite versate dalla Svizzera ai pensionati e alle pensionate residenti in Italia, a differenza del salario dei vecchi frontalieri, vengono tassate esclusivamente dall’Italia. Grazie ad un’apposita legge del 1991, le rendite AVS sono tassate con l’aliquota fissa del 5%. Inizialmente la regola non valeva per il secondo pilastro, tassato al 20%. Solo nel 2017 le parti sociali sono riuscite a far valere questo sistema di tassazione anche per le prestazioni del secondo pilastro. Come sottolinea Raimondo, “una vera conquista per le lavoratrici e lavoratori frontalieri italiani”.   

Attenzione, c’è un’eccezione importante

Pancrazio Raimondi ricorda che “durante l’attività di un lavoratore, vige il principio dell’unicità delle contribuzioni”. In breve, ogni lavoratore ha un solo ente dove versare i contributi pensionistici, come cita il regolamento europeo: “si è coperti dalla legislazione di un Paese alla volta, per cui i contributi vanno versati in un solo Paese”. 

Se dunque un o una frontaliera italiana svolge più del 25% del suo tempo di lavoro in Italia, l’INPS (l’Istituto nazionale della previdenza sociale italiano) può pretendere di avere la totalità del suo contributo. In questo caso, una volta in pensione, riceverebbe la rendita dall’INPS, secondo le regole italiane, e non dalla Svizzera. 

Questa situazione ha una seconda conseguenza importante. Il datore di lavoro svizzero deve versare i contributi pensionistici all’Italia, ovvero il 33% del salario lordo, all’INPS e non solo l’11% all’AVS elvetica (5.5% dalla busta paga del lavoratore e 5.5% direttamente dal datore di lavoro). Il costo del lavoro del e della frontaliera aumenterebbe in modo significativo.  

Telelavoro insoddisfacente

Questa quota del 25% forse non è un caso. Recentemente Italia e Svizzera hanno trovato l’accordo per il telelavoro. Anche in questo caso il dipendente può svolgere fino al 25% del suo tempo di lavoro da casa. Oltre a questa percentuale fiscalmente diventerebbe soggetto dell’IRPEF e non pagherebbe più le imposte alla fonte in Svizzera. Cosa che da un punto di vista finanziario diventa decisamente sfavorevole.

“Non siamo per niente soddisfatti di questa soluzione del 25%: da un punto di vista fiscale – conclude Raimondo – il lavoratore, o la lavoratrice, potrebbe tramutare fino al 49% del suo tempo di lavoro in telelavoro. Basta infatti che la prestazione lavorativa sia prevalentemente svolta in Svizzera. Ma a differenza del sistema previdenziale basato su un regolamento europeo, il sistema fiscale è basato sull’accordo bilaterale. E l’accordo italo-elvetico dice che non si deve superare il 25%”.  

+Telelavoro per i frontalieri, ora c’è la firma.

Un’ultima annotazione. A partire dal 2026 tutti i pensionati avranno diritto alla tredicesima, così come ha deciso il popolo alle urne il 3 marzo 2024. La decisione vale anche per i pensionati frontalieri. 

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