Se ne è andato Gianni Mura
Era un Maestro per tutti coloro che fanno il suo stesso mestiere. Gianni Mura è scomparso sabato a 74 anni. Il ricordo dell'amico e collega Giancarlo Dionisio.
Molti colleghi lo chiamavano Maestro. Senza ironia alcuna. Con rispetto, affetto, stima. Perché Gianni Mura, un maestro lo era, senza volerlo essere. Lo era per l’immensa cultura che travalicava il mondo dello sport e sconfinava nella letteratura, nel cinema, nella musica, nella cultura del cibo e del vino. Lo leggevo da un sacco di anni. Aspettare le sue rubriche era come attendere che il babbo tornasse dall’edicola con le figurine Panini. L’ho conosciuto personalmente più di 20 anni fa ad un corso organizzato dalla RSI. Fu un “coup de foudre”. Come non innamorarsi di cotanta ricchezza interiore travestita da semplicità e da umiltà.
Dal 2008 l’ho frequentato, ogni anno al Tour de France. Siamo diventati amici. Ogni anno c’era sempre qualcosa di nuovo da imparare. L’ho invitato un paio di volte in Ticino a raccontare dei suoi romanzi, del suo sport, della sua musica e dei suoi precorsi enogastronomici. Con lui non ci si annoiava mai. Non era un grande comunicatore vocale. Davanti al microfono sembrava burbero e annoiato. Ma era timidezza, riservatezza.
Dalla sua bocca non usciva mai nulla di banale
Poi Gianni, ha contraccambiato, proponendomi lo scorso anno, di fargli da accompagnatore alla Grande Boucle. Mi pareva di aver fatto un sei al lotto. Gianni fumava. O meglio, faceva due tiri poi gettava la sigaretta. Spesso fumare era un pretesto per uscire dalla sala stampa e sgranchire le gambe. I colleghi di mezzo mondo lo sapevano e uscivano per scambiare quattro chiacchiere. Sullo strapotere del Team Sky (o Ineos), sul fenomeno Bernal, ma anche su Camilleri, Sergio Endrigo, la situazione politica in Italia, o su quel rosso che ci era stato offerto dal Comitato organizzativo locale.
Viaggiare con lui è stato un privilegio
Durante i lunghi trasferimenti in auto non ci si annoiava mai. Amava sfidarmi in quelle che lui chiamava le “mnemoniche”: botta e risposta citando, ad esempio “scrittori che iniziano con la D”, “calciatori che iniziano con la F”, “musicisti con la R” e via dicendo. Un gioco semplice, apparentemente banale, ma a gara terminata (spessissimo vinceva lui), ci si soffermava su tale o tal altro nome che era stato citato. Un’ulteriore occasione di crescita.
Gianni mancherà nella sala stampa del Tour, così come mancherà al giornalismo, oltre che, evidentemente, alla moglie Paola ed ai suoi cari. Ha però lasciato delle tracce: romanzi, raccolte, articoli. Ricordiamocelo! Una decina di giorni fa l’ho sentito al telefono. Era confinato nelle Marche, da prima dell’esplosione del Covid-19, ma era sereno. “Gianni – gli dissi – come la mettiamo col fatto che Europei di calcio e Tour de France si sovrappongono?”. “Il Tour è sacro”, mi aveva risposto, il 25 giugno partiamo per Nizza”.
Gianni, carissimo, hai bypassato tutte le tappe e ti sei presentato solo, a braccia alzate, sui Campi Elisi, in quella Paris che tu evitavi. “Troppo casino, non ha senso”. Certo un casino assordante, che copriva il romantico ticchettio della tua Olivetti Lettera 22. Chi continuerà a seguire la Grande Boucle lo sentirà ancora, perché il tuo spirito aleggerà sempre. In alto i calici Gianni, grazie per ciò che hai fatto e per come lo hai fatto. Riposa in pace.
Il breve servizio del telegiornale.
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