Autostrade sempre più care, ma la politica viaggia gratis
Dal 1997, i pedaggi sulle autostrade italiane sono aumentati di oltre il 60%. A dare l'ok è lo Stato. Ma qual è il rapporto tra politica e concessionarie?
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Autostrade sempre più care, ma la politica (che dà l’ok) viaggia gratis
Dal 1 gennaio 2016, sono scattati – puntuali come ogni anno – gli aumenti dei pedaggi sulle autostrade italiane. A chiedere (e ottenere) il rincaro sono state 6 delle oltre 20 società concessionarie private, tra cui la maggiore: Autostrade per l’Italia Spa, il colosso controllato dalla famiglia Benetton attraverso la holding Atlantia, che da sola gestisce quasi la metà della rete autostradale italiana.
Complessivamente, il rincaro medio è stato dello 0,86%, ma a giugno sono previsti altri aumenti. Dal 1997 ad oggi, cioè da quando lo Stato ha dato le autostrade in concessione alle società private, si stima che gli aumenti siano stati di oltre il 60%, quindi ben al di sopra dell’inflazione (attestata oltre il 30%).
20 euro per 300 km
Oggi, un automobilista che percorre 300 chilometri spende circa 20 euro solo per il pedaggio: la metà di quanto spenderebbe in Svizzera per pagare tutte le autostrade per tutto l’anno (40 franchi: il prezzo della vignetta). L’automobilista italiano paga, a sua insaputa, anche per le tratte che apparentemente sono gratis: bretelle, tangenziali e svincoli vengono ricompresi nel computo chilometrico delle concessionarie. Ecco perché chi percorre una tratta da casello a casello si trova un aumento maggiore di quello dichiarato (ad esempio 1% invece dello 0,86%): il rincaro è stato spalmato anche sui chilometri gratis.
Ad autorizzare gli aumenti è la politica, e in particolare il ministero dei Trasporti, che di recente ha anche concesso alcune proroghe fino a oltre il 2040 (mentre l’Unione Europea chiede che concessioni di questo tipo vengano messe a gara).
Un rapporto ambiguo
Il rapporto tra la politica e le concessionarie però merita di essere analizzato più da vicino. Come ricorda Enrico De Vita, ingegnere e editorialista di Automoto.it, fin dal 1997 le società private hanno finanziato direttamente i partiti.
Una traccia di queste che in gergo tecnico vengono chiamate “erogazioni liberali” si trova nella nota integrativa al bilancio 2006 di Atlantia, dove c’è scritto che la holding ha versato 1,3 milioni di euro “a partiti e movimenti politici”. Ma la stessa società oggi dichiara di non versare più un euro alla politica (bilancio 2014). Quando sia avvenuto questo cambiamento e quale sia il comportamento delle altre concessionarie, tuttavia, non è chiaro.
Nel tempo, alcuni esponenti di Governo e parlamentari hanno tentato di mettere fine a questo rapporto ambiguo, dove di fatto il controllato dava soldi al controllore, provando a regolamentare la complicatissima materia del rapporto tra le lobbies e le istituzioni (come nel 2007 l’allora ministro Giulio Santagata). Ma ad oggi non c’è ancora riuscito nessuno.
Tessera gratis per i parlamentari
E mentre per i comuni cittadini le tariffe continuano ad aumentare, deputati e senatori hanno a disposizione una tessera per viaggiare gratis su tutte le autostrade italiane (oltre ai rimborsi spesa per i viaggi). Fino al 2015 il privilegio era esteso anche a tutti gli ex parlamentari, ma grazie a un ordine del giorno del M5s, a partire dal 2016 gli ex deputati non possono più beneficiarne. Gli ex senatori invece lo mantengono per i dieci anni successivi all’ultima legislatura.
Dal canto loro, le società concessionarie motivano la richiesta di rincari dei pedaggi con gli investimenti, che sono il vero nocciolo della trattativa con il ministero dei Trasporti. Ma quantificare il costo reale degli investimenti non è facile: basti pensare ai mille rivoli dei subappalti. La cosa che invece è evidente in molti casi, come spiega De Vita, è il “non rispetto delle normative europee sulla sicurezza”, in particolare nelle gallerie, dove spesso l’illuminazione non è adeguata e mancano i marciapiedi.
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