Biella: un’area industriale che resiste reinventandosi
Situato a metà strada tra Torino e Milano, il territorio di Biella è oggi uno dei pochi centri europei rimasti dell’industria tessile. Questo ramo industriale, pur non riuscendo a sostenere come un tempo tutta l’economia locale, comprende alcune delle aziende più rinomate al mondo per la produzione dei tessuti in lana.
La storia industriale italiana recente è, nel nostro immaginario, fatta soprattutto di racconti di aziende fallite, di realtà produttive fuggite all’estero o addirittura di interi distretti industriali entrati inesorabilmente in crisi. Il destino di marchi quali Olivetti, spina dorsale del distretto di Ivrea, o di poli come quello di Omegna, un tempo capitale europea del ramo dei casalinghi, hanno ispirato spettacoli teatrali, libri e persino documentari.
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La crisi industriale italiana non è di certo un’invenzione, ma è anche vero che il mondo delle fabbriche non è scomparso: esistono realtà che, pur ridimensionate, hanno tenuto e sono riuscite a trovare un piccolo ma importante spazio nell’economia globale. L’industria tessile biellese, per rimanere sempre in Piemonte, è una di queste e oggi rappresenta l’unico distretto tessile europeo che mantiene integra l’intera filiera produttiva.
Un’attività che risale al Medioevo
Entrando nel biellese, ci si accorge subito di avere a che fare con un territorio dalla grande tradizione industriale. Nei piccoli centri della provincia alle pendici delle Alpi e nella città stessa non è difficile trovare imponenti fabbriche dismesse a ridosso di fiumi e, spesso, in mezzo al verde. Alcuni di questi edifici sono ora sedi di importanti istituzioni culturali, come la Cittadellarte – Fondazione PistolettoCollegamento esterno e la Fabbrica della ruotaCollegamento esterno, altri invece sono rimasti semplicemente in piedi a testimonianza di un passato produttivo glorioso.
L’industrializzazione nel biellese è iniziata relativamente presto rispetto ad altre zone della Penisola. La produzione laniera locale, infatti, ha una lunga tradizione che può essere fatta risalire sin dal Medioevo. Verso la fine del Settecento erano già più di 200 le realtà che lavoravano la lana, ma è solo nel corso dell’Ottocento che a Biella arrivarono i telai meccanici, introdotti in Inghilterra con la Rivoluzione industriale a fine Settecento, e la realtà della fabbrica di stampo fordista.
Fu la famiglia Sella ad avviare a inizio dell’Ottocento il processo di meccanizzazione dell’industria e furono gli stessi Sella a dare impulso alla rivoluzione industriale locale attraverso la creazione della prima officina per la fabbriazione di macchine tessili e la ricerca di nuovi mercati per l’approvvigionamento di lane pregiate sul mercato internazionale. Oggi la famiglia, attiva soprattutto nel settore bancario, è impegnata in importanti progetti di valorizzazione del passato industriale, attraverso la Fondazione SellaCollegamento esterno con il suo importante archivio, e di promozione dell’innovazione, attraverso il Sella LabCollegamento esterno.
“Eravamo come la Cina”
A Biella e dintorni non ci sono soltanto fabbriche chiuse. Le attività produttive ancora attive sono ben visibili. Biella è infatti riuscita a superare diverse crisi: prima fra tutte quella che nella seconda metà del secolo scorso ha portato alla chiusura della maggior parte delle realtà produttive tessili d’Europa. Più recentemente è riuscita anche a reggere il colpo dovuto alla caduta progressiva delle barriere doganali internazionali e ha resistito alla crisi finanziaria del 2008. Per farlo ha dovuto cercare nuove strade, reinventarsi.
Per Carlo Piacenza, imprenditore e Vicepresidente dell’Unione Industriale Biellese, il cambio di strategia è stato fondamentale: “In passato eravamo come la Cina, la nostra era una produzione di massa, ora abbiamo capito che per sopravvivere dobbiamo puntare sull’eccellenza, sull’innovazione, sulla formazione e sul rapporto privilegiato che abbiamo con il mondo della moda”.
Proprio i tessuti Piacenza, insieme a Cerruti, Ermenegildo Zegna, Vitale Barberis Canonico e Reda, soltanto per fare alcuni nomi, sono tra i più rinomati della produzione biellese: “Le aziende nella nostra zona forniscono i tessuti ai migliori marchi mondiali della moda. Abbiamo puntato tutto sulla qualità. Siamo una nicchia all’interno di una produzione di nicchia, ovvero quella della lana”.
Per Piacenza il tessile non è assolutamente un settore destinato a estinguersi: “Io non credo a quelli che dicono che il tessile italiano sia finito”. Tuttavia, non mancano le preoccupazioni: “La crisi dovuta alla pandemia ci ha messo in difficoltà: nessuno compra un bel vestito se non ha modo di sfoggiarlo durante un matrimonio, una festa o un importante riunione di lavoro. Non sarà facile, ma usciremo anche da questo brutto momento”.
Alla ricerca di alternative
L’industria tessile e il suo indotto, seppur importanti, non sono più in grado di creare piena occupazione. Per questo il territorio, stando alle parole di Giovanni Vietti, imprenditore delle acque minerali e Presidente dell’Unione industriale biellese, “è alla ricerca di una sempre maggiore diversificazione. Stiamo cercando infatti di allontanarci dalla monocultura tessile per andare sempre di più verso un ecosistema produttivo multisettoriale”.
Biella sta puntando infatti sulla valorizzazione dell’enogastronomia, del turismo, sull’innovazione e, non da ultimo, sulla valorizzazione del patrimonio industriale dismesso. Nel 2019 la piccola cittadina piemontese è entrata nella rete internazionale delle città creative dell’UnescoCollegamento esterno.
I buoni propositi e i risultati non mancano, quindi, anche se occorrono ulteriori investimenti, anche da parte del pubblico. Secondo Vietti: “Oggi Biella soffre di una sorta di isolamento. Mancano collegamenti veloci con Torino e soprattutto con Milano. Anche l’accesso a internet, in particolare nelle valli, andrebbe potenziato. Nei prossimi anni occorre investire sulle infrastrutture, in primis sulla rete ferroviaria e sul digitale. Questo potrebbe davvero far decollare il turismo nei prossimi anni e aiutare tutti gli altri settori”.
Anche Carlo Piacenza ha le idee chiare su tale argomento: “Con il collegamento della città alla linea dell’alta velocità ferroviaria Torino-Milano, facilmente realizzabile e non dispendiosa, e le nuove opportunità offerte dal telelavoro, Biella potrebbe diventare addirittura un centro residenziale privilegiato per chi lavora a Milano ma vuole vivere in una dimensione più umana e a stretto contatto con la natura”.
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