Carlo Palermo: “Armi all’Isis attraverso i soliti canali”
Per l'ex magistrato vecchie organizzazione malavitose internazionali riforniscono i nuovi gruppi terroristici
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Intervista Carlo Palermo – di Raffaella Fanelli
“Le armi dell’Isis provengono da Stati Uniti, Russia, Cina, Balcani e Iran. I canali sono gli stessi che individuai con la mia inchiesta. In quegli anni, e anche oggi, era la Dea (l’agenzia antidroga Usa), l’organismo che scopriva, o non scopriva, determinati aspetti di questi traffici”.
Un’importante inchiesta su un traffico di droga e armi che risale ai primi anni 80 e che segnò la vita di Carlo Palermo, sostituto procuratore a Trento dal 1975 al 1984. “Dopo tre anni di istruttoria i miei fascicoli furono spostati a Venezia. Le difficoltà si presentarono nel momento in cui le indagini, in qualche modo, riguardarono l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi”.
Il magistrato decise quindi di farsi trasferire alla procura di Trapani, dove le sue indagini si erano incrociate con quelle del collega Giangiacomo Ciaccio Montalto ucciso nel 1983: “tre settimane prima che fosse ucciso ci incontrammo a Trento per parlare dell’inchiesta”. Mentre la mattina del 2 aprile 1985 un’autobomba esplose a Pizzolungo, frazione di Trapani. Era destinata al giudice Carlo Palermo, ma uccise una donna di 38 anni, Barbara Asta, e i suoi due figli, Giuseppe e Salvatore di sei anni, “dal 1985 mi porto dentro un enorme senso di colpa, perché altri sono morti al posto mio.
Per questo non ho mai smesso di cercare le ragioni di quell’attentato. Sono stati condannati boss mafiosi, ma non erano i soli a volermi eliminare. Mi ero avvicinato ad alcuni nomi intoccabili e che infatti non sono mai usciti”. Il riferimento è a quell’intreccio di affari sporchi scoperchiato nell’inchiesta di Trento. Un’inchiesta che Carlo Palermo si ostinava a continuare. Che potrebbe essere la causa della strage di Pizzolungo.
“Dalla Turchia arrivava la droga, che poi finiva in Sicilia e da qui era smistata in Francia, Svizzera e Stati Uniti. Armi e terrorismo costituivano parti inscindibili di patti segreti. Solo di recente, riprendendo le mie carte, ho scoperto la presenza a Trento di personaggi palestinesi. Da magistrato ho interrogato Stefano Giovannone (ex ufficiale del Sismi, già responsabile dei servizi segreti italiani in Libano) ponendolo in connessione con il traffico di armi con il Libano, la Siria, la Svizzera, l’Italia, e i terroristi.
Fatti presenti in registrazioni telefoniche, intercettazioni. Da avvocato Carlo Palermo ha invece seguito tutti i casi collegati alla sua inchiesta: dalla tragedia del Moby Prince alla scomparsa in Libano dei due giornalisti italiani Italo Tony e Graziella De Palo: “Partirono per Beirut nel 1980 e non fecero più ritorno. Erano andati in Libano proprio per occuparsi di traffico d’armi. Anche l’omicidio in Somalia di Ilaria Alpi. Entrambi i casi, incredibilmente, riconducono alle stesse carte dell’istruttoria di Trento, agli stessi traffici oggetto della mia inchiesta”.
E una conferma a quanto dichiarato da Carlo Palermo potrebbe essere la stessa “circolare Craxi”. Un documento ritrovato nelle carte declassificate dalla Camera dei deputati sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Si tratta di una direttiva della Presidenza del Consiglio datata 30 luglio 1985, e coperta da segreto di Stato, emessa dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi e diretta ai vertici dei servizi segreti civili e militari italiani con l’ordine di non rivelare ai magistrati che potevano chiedere ragione in tribunale di segreti e misteri repubblicani, i compiti e l’impiego dei servizi segreti.
Raffaella Fanelli
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