Chi ha paura del Vesuvio?
Potrebbero passare centinaia di anni prima che si verifichi un’eruzione di grande volume ed intensità del Vesuvio, uno dei vulcani tra i più pericolosi d’Europa. Lo indica un recente studio del Politecnico federale di Zurigo cui hanno partecipato anche studiosi italiani.
Il Vesuvio, imponente, iconico, situato al centro del Golfo di Napoli, da sempre incute timore. Alle sue pendici e tutt’attorno oggi vivono oltre 3 milioni di persone. In tempi storici (e preistorici), ci sono state eruzioni esplosive che hanno distrutto interi villaggi e città.
L’ultima eruzione risale al 1944, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il vulcano si svegliò il 6 gennaio per giungere all’apice della sua pericolosità tra il 22 e il 23 marzo. Tra valanghe di detriti caldi e terremoti, morirono 26 persone. Da allora il Vesuvio tace. Dobbiamo risalire al 1631 per trovare un altro significativo risveglio del vulcano.
Quando succederà di nuovo?
I napoletani, un po’ fatalisti, sono da sempre abituati a convivere con la bellezza e la pericolosità del Vesuvio. Chi dalla propria finestra di casa vede il vulcano, anche se solo in lontananza, si chiede spesso, con malcelata paura, quando erutterà di nuovo in modo importante.
A questa domanda hanno cercato di dare una risposta i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra del Politecnico federale di Zurigo con la partecipazione di due studiosi italiani, Francesca Forni della Statale di Milano e Roberto SulpizioCollegamento esterno dell’Università di Bari.
Diciamolo subito, secondo i ricercatori racconta Roberto Sulpizio “non dobbiamo aspettarci un’eruzione vulcanica di grande volume ed intensità del Vesuvio per ancora tanti, tanti anni”.
Nonostante queste rassicurazioni, per evitare brutte sorprese, il Vesuvio è perennemente monitorato, anche perché – come vedremo – lo studio non esclude eruzioni di piccola taglia sullo stile di quella del 1944. L’Istituto Nazionale di Geofisica e VulcanologiaCollegamento esterno italiano misura ogni terremoto intorno ai vulcani, analizza i gas emessi dalle fumarole e osserva le deformazioni del suolo, che sono indicatori dell’attività sotterranea.
C’è naturalmente anche un piano di emergenzaCollegamento esterno della Protezione civile italiana che delinea come evacuare l’area di Napoli nel caso in cui la sorveglianza concluda che un’eruzione è imminente.
Studio del Politecnico federale di Zurigo
Lo studio del gruppo di ricerca del Politecnico di Zurigo, recentemente pubblicato su Science AdvancesCollegamento esterno, ha esaminato da vicino le quattro grandi eruzioni del Vesuvio negli ultimi 10’000 anni: l’eruzione di Avellino di 3’950 anni fa (il peggiore degli scenari possibili per eruzioni future), quella famosa del 79 d.C. che seppellì Pompei ed Ercolano. Prese in considerazioni anche l’eruzione del 472 d.C. (la meno imponente tra quelle studiate, comunque simile alla recente eruzione che ha colpito l’arcipelago di Tonga) e infine quella dell’8’890 a.C.
L’intervista al professor Roberto Sulpizio, vulcanologo all’università di Bari e coautore dello studio:
Per la ricerca sono stati studiati i cristalli di granato, un minerale presente nel magma nella crosta superiore del vulcano. Il granato è stato raccolto, con l’aiuto dei ricercatori italiani Francesca Forni e Roberto Sulpizio, proprio laddove gli studiosi hanno identificato i depositi vulcanici delle quattro eruzioni prese in considerazione.
“I minerali – racconta il vulcanologo Roberto Sulpizio – sono poi stati datati, perché conoscere l’età di questi minerali permette di dedurre per quanto tempo il magma è rimasto in questa camera prima che il vulcano lo ‘vomitasse’ fuori”.
“Lo studio ha esaminato da vicino le quattro grandi eruzioni del Vesuvio negli ultimi 10’000 anni”
Roberto Sulpizio, vulcanologo
I ricercatori così sono giunti alla conclusione che nel caso del Vesuvio, il tipo di magma più esplosivo (il cosiddetto magma “fonolitico”) viene immagazzinato in un serbatoio nella crosta superiore per diverse migliaia di anni prima che l’afflusso di magma più primitivo e più caldo (detto “mafico”) dalla crosta inferiore inneschi un’eruzione.
Spiegato meglio, prima dell’eruzione, la camera superiore del vulcano (che è critica per le eruzioni), si riempie di magma. Ad un certo punto un magma più primitivo, “mafico”, fluisce nella camera superiore da profondità maggiori. Questa ricarica porta ad un aumento della pressione all’interno della camera, che può forzare il magma fonolitico verso l’alto, potenzialmente fino alla superficie, dando inizio ad un’eruzione.
Come hanno osservato gli scienziati, un serbatoio di magma esiste effettivamente a una profondità di circa 6-7 chilometri sotto il Vesuvio. Inoltre, va aggiunto che un serbatoio di magma fonolitico sembra essere quasi sempre esistito sotto il Vesuvio negli ultimi 10’000 anni. La domanda è se la composizione attuale del magma presente sotto il vulcano sia più fonolitica (dunque pericolosa in vista di un’eruzione importante) o più mafica. Secondo i ricercatori, dal 1631 il Vesuvio produce magma prevalentemente mafico.
Eruzione importante poco probabile
Come detto inizialmente, l’ultima eruzione risale al 1944. Questo potrebbe significare che il Vesuvio da allora abbia iniziato un prolungato periodo di calma durante il quale il magma fonolitico può effettivamente accumularsi. Infatti, per tutte le eruzioni considerate, il tempo di residenza del magma fonolitico nella camera superiore coincide con i periodi di quiescenza del Vesuvio.
“Un’eruzione simile a quella del 79 d.C. non è probabile. Potrebbe verificarsi tra millenni”
Roberto Sulpizio, vulcanologo
Per i due eventi preistorici presi in considerazione, i ricercatori hanno determinato che il magma fonolitico è rimasto nella camera per circa 5’000 anni prima di fuoriuscire con un’eruzione.
Tornando alla domanda iniziale, “affinché si possa rivivere un’eruzione pericolosa paragonata a quella che cancellò Pompei (79 d.C.) – aggiunge Roberto Sulpizio – si deve attendere un periodo di calma prolungato affinché ci sia il tempo necessario perché il magma fonolitico possa accumularsi in quantità sufficiente. Si potrebbe dunque attendere ancora millenni”.
Tutto bene dunque? Quasi. Eruzioni più piccole ma comunque pericolose come quella del 1944 possono per contro verificarsi dopo periodi più brevi di calma. “Il vulcano di per sé non è pericoloso – conclude il vulcanologo Roberto Sulpizo -. Diventa pericoloso quando alle sue pendici vivono 700’000 persone come nel caso del Vesuvio”.
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