Fontana (Corriere), “È Salvini il vero padrone del governo”
“Potranno succedere tante cose ma mai e poi mai farò un governo con i Cinque stelle”, diceva Matteo Salvini alla vigilia delle elezioni del 4 marzo. È uno dei tanti aneddoti raccontati mercoledì sera a Lugano dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana che all’Università della Svizzera italiana ha illustrato il suo ultimo libro “Un paese senza leader” che descrive bene lo scenario apertosi dopo il voto.
Un “terremoto”, ha sottolineato il dirigente di Via Solferino, che ha prodotto un vero e proprio “cambio di sistema” ed è coinciso con il crollo dei partiti che hanno dominato la Seconda Repubblica. Le attuali formazioni egemoni sono infatti il Movimento Cinque Stelle che ha fatto la sua comparsa alle elezioni amministrative del 2012 e la Lega, che però ha ben poco a spartire con il movimento indipendentista padano dei tempi di Bossi.
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Intervista a Luciano Fontana
Il voto, ha osservato sempre Luciano Fontana, non è stato importante tanto per la vittoria del M5S quanto per il ribaltamento dei rapporti all’interno dello schieramento conservatore e ha decretato, anche per motivi anagrafici legati al suo leader, “il declino definitivo del centro-destra a guida berlusconiana”. Il sorpasso di Salvini ha infatti messo “fine a 25 anni di storia politica” durante i quali tutti gli italiani sono ineluttabilmente stati berlusconiani o antiberlusconiani.
Ma è impietoso anche il ritratto che il noto giornalista fa della sinistra: “Quasi tutte le esperienze di governo e i suoi leader sono caduti sotto il fuoco amico” e “il Pd alla fine non è mai nato”. Al di là della conflittualità interna – una caratteristica non certo originale nel fronte progressista – la sinistra ha pagato soprattutto la sottovalutazione dei temi cavalcati dallo schieramento opposto, su cui non sono state evidentemente soddisfacenti, agli occhi degli elettori, le sue ricette. “Lavoro e immigrazione erano il cuore del problema che il Pd non ha capito”, ha precisato il direttore del Corsera che ha però ammesso di aver avuto fiducia inizialmente nella proposta di Matteo Renzi, con le sue promesse di modernizzazione della sinistra in senso liberale.
Ma ben presto l’ex sindaco di Firenze si è rivelato un “rottamatore compulsivo” nell’inedito e contraddittorio ruolo di “populista di governo” e, come testimonia la battaglia persa sul referendum costituzionale del dicembre 2016, “non ha capito quello che stava avvenendo nel paese”. In questo senso “non vedo un futuro per la sinistra, interpretata in termini tradizionali”, anche se poi gli attuali “vuoti tenderanno ad essere riempiti” da qualche nuovo soggetto che potrebbe in un qualche modo riferirsi a quel campo.
A dominare la scena politica oggi sono Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con il primo però in una situazione di forza. Il ministro dell’Interno, spiega Luciano Fontana, ha più carte da giocare: “Può andare tranquillamente alle elezioni con la presumibile certezza di vincerle” o continuare con l’attuale coalizione di governo giallo-verde su cui esercita pesanti condizionamenti.
I grillini invece, vincitori assoluti lo scorso 4 marzo, ma superati dall’alleato nei sondaggi, hanno impellente bisogno di attuare le loro roboanti e onerose promesse elettorali, in particolare il reddito di cittadinanza, che “sono però insostenibili” per il bilancio dello Stato: “Più tenteranno di portare a casa questi risultati e più ci sarà la reazione dei mercati” e questa situazione finirà per riverberarsi sulle sorti del governo. Per realizzare quegli obiettivi, ha continuato il direttore del Corriere della Sera, non basterà un deficit del 2,4%, mancheranno 15-20 miliardi e si creeranno tensioni nella maggioranza.
Lo ha capito benissimo la Lega che “ha rinunciato alla flat tax (confinata alle partite Iva con fatturato fino a 65’000 euro, ndr) che è uscita dal dibattito politico” mentre “il reddito di cittadinanza resta una grande incognita”. In questo senso, ha concluso Luciano Fontana, “saranno decisive le prossime due settimane” quando il Def e la legge di bilancio saranno sottoposti all’esame di Bruxelles e al giudizio delle agenzie di rating.
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