Coronavirus, ecco come viene curato negli ospedali
Nel reparto di terapia intensiva del Policlinico San Matteo di Pavia sono ricoverati i malati gravemente infettati dal coronavirus (covid-19). Qui i pazienti sono addormentati e sottoposti a ventilazione meccanica invasiva. E noi siamo entrati nel reparto per capire come funziona.
Nel reparto di Assistenza respiratoria avanzata del Policlinico di Pavia ci accoglie il professor Francesco Majoli. Qui in poche ore, ci racconta, è stata allestita un’unità speciale dedicata al trattamento dei pazienti che soffrono di insufficienza respiratoria grave. Il tutto per poter ricoverare e curare il 38enne di Codogno conosciuto come il “paziente 1”. Nel frattempo sono stati ricoverati altri contagiati dal covid-19.
I malati sono addormentati e sottoposti alla ventilazione meccanica invasiva, ovvero sono intubati e ventilati. Ma c’è anche un paziente che viene curato con una modalità non invasiva di assistenza respiratoria. In questo caso l’uomo è sveglio e cosciente.
Abbiamo così accesso alla zona chiamata “consolle”, separata dal reparto di degenza da una spessa vetrata: da qui gli operatori sanitari possono vedere cosa succede dall’altra parte, dove sono ricoverati i pazienti. Come ci spiega ancora il professo Majoli, è stato possibile gestire l’emergenza avendo piena conoscenza dei rischi e quindi si è potuto adottare le misure di protezione per il personale sanitario. E per chi è al di là della vetrata, insieme ai malati, l’attività è pesante – aggiunge Majoli: “Perdono 2-3 chili durante il turno”. Ma grazie alle disposizioni di sicurezza messo in atto tutti possono tornarsene a casa a fine turno.
Ma quale terapia?
Ma come si curano questi pazienti, quando i farmaci non esistono? Ci risponde l’infettivologo, il professor Raffaele Bruno. A Pavia si sta portando avanti una terapia empirica ragionata, “sfruttando” le esperienze di colleghi cinesi e coreani. Cosa significa? Che si stanno utilizzando farmaci alternativi. Dapprima uno “obsoleto” per la cura dell’HIV, poi anche uno per il trattamento dell’epatite C. E ora si vuole provare un farmaco messo a punto per la cura dell’ebola.
Ecco dunque le immagini del reparto di terapia intensiva del San Matteo.
Al Policlinico di Pavia si fa tutto: dal tampone alle analisi, dal ricovero alla cura. E scopriamo anche che al San Matteo hanno messo a punto un loro test per individuare il covid-19. Con grande successo. Ogni giorno, il laboratorio di Pavia analizza fino a 800 tamponi. Un delirio. E nonostante questa mole di lavoro entro 8-10 ore si ha il risultato delle analisi.
Anche i bambini attaccati dal virus
Mentre visitiamo il pronto soccorso pediatrico, una mamma con in braccio un bambino (tutti e due con la mascherina di protezione sul viso) entra di corsa nel pronto soccorso. Il personale, avvertito dal 118 è pronto ad accoglierli. Dalle prime indicazioni, ci racconta il primario di pediatria del Policlinico San Matteo Gian Luigi Marseglia, il bambino ha i tipici sintomi di chi ha contratto la malattia.
Mamma e figlio entrano nella zona protetta adiacente al pronto soccorso pediatrico: sulla destra dopo l’entrata al termine di un corridoio di una decina di metri. Qui sono state allestite delle camere riservate per ospitare i bambini con i genitori. Sempre qui viene fatto il tampone e in queste camere, con disegni Disney alle pareti e attrezzate di giochi per i piccoli, si attende il risultato del laboratorio.
Dovesse essere positivo, il bimbo verrà trasferito nel reparto delle malattie infettive. Altrimenti verrà ospedalizzato normalmente al primo piano di pediatria.
Ecco le spiegazioni del primario di pediatria Gian Luigi Marseglia
Facciamo un po’ di chiarezza
“Ci sono due epidemie – racconta il virologo del Policlinico San Matteo, il professo Fausto Baldanti – una reale e una virtuale. Quella reale può generare una pandemia, quella virtuale sta creando il pandemonio”. Una descrizione lucida di quanto sta succedendo in Italia e nel mondo.
Sui giornali, alla radio e alla televisione soprattutto si è parlato molto, moltissimo dei coronavirus in generale e del covid-19 in particolare. Si è sentito di tutto. Dal portatore sano (che per inciso non esiste) all’origine della malattia dovuta a chissà quale strano animale. Poi tutti citano i famosi “tamponi” e così ci sentiamo un po’ virologi e biologi.
Una cosa è chiara, racconta il professor Baldanti citando un collega virologo: “un virus intelligente non uccide chi lo ospita”. Questo significa che il virus in generale si adatta all’organismo e adattandosi perde di virulenza.
Per far chiarezza, parola al virologo Fausto Baldanti
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