Quando l’obiezione dei medici si scontra con il diritto delle donne
Le donne in Italia continuano a incontrare difficoltà nell'accesso ai servizi d'interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge sull'aborto. La maggior parte degli ospedali non effettua questi interventi e la percentuale di medici ginecologi obiettori di coscienza è in aumento. In Svizzera la situazione è diversa. L'obiezione dei medici non crea (ancora) problemi sul funzionamento dei reparti di ginecologia e ostetricia e tutte le strutture sono attrezzate per praticare l'interruzione della gravidanza.
È sempre la cronaca che porta alla ribalta situazioni sulle quali poi l’opinione pubblica si divide in due. A Catania una madre di 32 è morta con i gemelli che portava in grembo perché il medico, obiettore, sembra non sia intervenuto tempestivamente. Sul caso si esprimerà la magistratura.
Il dato di fatto però è che in Italia sempre più medici si dicono obiettori. E tra questi obiettori, ci racconta la senatrice Emilia de BiasiCollegamento esterno, presidente della Commissione “Igiene e Sanità”, vi sono anche medici non obiettori ma che si dichiarano tali perché altrimenti o sarebbero costretti a fare unicamente interruzioni di gravidanza o sarebbero comunque discriminati nella loro carriera.
La situazione in Svizzera
In Svizzera solo dall’ottobre 2002 la legge consente l’interruzione volontaria della gravidanza Collegamento esternoentro le prime 12 settimane. Molto dopo l’Italia che già nel 1978, sotto il governo Andreotti e quando ministro della sanità era Tina Anselmi (entrambi DC), approvò la leggeCollegamento esterno. Decisione poi ribadita nel 1981 dal popolo italiano che bocciò il referendum contro l’interruzione di gravidanza.
Anche in Svizzera l’obiezione di coscienza è ammessa. Anche in Svizzera stanno aumentando i medici obiettori. Non tanto però da mettere in discussione il funzionamento dei reparti di ginecologia/ostetricia dei diversi ospedali.
Dalla chirurgia alla farmacologia
La grande differenza tra Italia e Svizzera sta nel tipo di intervento adottato per interrompere la gravidanza. In Svizzera con il passare degli anni il 70% delle interruzioni volontarie della gravidanza passa attraverso la prescrizione di un farmaco. In Italia questo tipo di intervento non raggiunge il 15%. Questo significa che la stragrande maggioranza delle interruzioni volontarie della gravidanza avviene tramite un intervento chirurgico.
Quello della prescrizione medica in parte risolve la questione dell’obiezione. Infatti l’intervento è meno invasivo e secondo il primario dell’Ospedale Regionale di LuganoCollegamento esterno, Thomas Gyr, la prescrizione medica del farmaco pone meno problemi di coscienza ai medici obiettori. E anche per la senatrice italiana Emila De Biasi quella farmacologica sarebbe una delle soluzioni praticabili. Ma un pregiudizio culturale non permette la diffusione a tappeto in Italia di questo sistema di interruzione della gravidanza.
Dal 2005 alcuni istituti in Italia hanno iniziato l’utilizzo per l’interruzione della gravidanza dell’approccio farmacologico con Mifepristone (RU486) e prostaglandine (anche definito aborto medico in alternativa all’aborto chirurgico), così come già presente da diversi anni in altri Paesi e come raccomandato per gli aborti precoci nelle linee guida elaborate dall’OMS.
Una legge non rispettata
La senatrice italiana Emila de Biasi non stigmatizza l’obiezione di coscienza dei medici. Si tratta di una questione prettamente personale, da rispettare. Quello che invece stigmatizza è il fatto che la maggior parte degli ospedali si rifiuta di praticare l’interruzione volontaria della gravidanza nonostante la legge sia chiara. “Spetta alle Regioni fare in modo che ogni struttura si organizzi affinché possa fare questi interventi. È una legge dello Stato e come tale va rispettata”.
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.