L’euro non si tocca, ma…
Il Governo Conte cerca di rassicurare, escludendo ogni ipotesi di uscita dall'euro. C'è però chi auspica il ritorno della sovranità monetaria, chi in un romanzo immagina cosa succederebbe se l'Italia smettesse di usare l'euro o chi ancora oggi tratta delle compravendite in lire.
Sul braccio di ferro tra Italia e Unione Europea per il documento di economia e finanza ci si dovrebbe presto vedere un po’ più chiaro. Roma ha tempo fino a metà novembre per presentare a Bruxelles una copia rivista della manovra di bilancio per il 2019.
Dall’ultimo vertice di domenica, un faccia a faccia tra i due vice primo ministro Matteo Salvini e Luigi Di Maio, è emersa l’ulteriore conferma che il rapporto deficit/Pil del 2,4% – maggiore preoccupazione della Commissione europea – non è in discussione. Qualche giorno fa Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, auspicava che si moderassero almeno i toni dello scontro politico. Per tentare di recuperare la fiducia degli investitori e abbassare lo spread, il differenziale di valore tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi.
Il premier Giuseppe Conte ha ribadito sabato che “l’Italia è saldamente collocata all’interno dell’UE e non c’è alcuna possibilità di uscita dall’UE o dall’Eurozona”. Affermazioni più volte ripetute da diversi esponenti della maggioranza.
Nonostante le rassicurazioni del Governo, dai palazzi del potere trapelano però anche messaggi contradditori sulla moneta unica. Claudio BorghiCollegamento esterno – per fare un esempio – economista, euroscettico, da molti considerato “l’enfant terrible” della Lega, ha detto espressamente che: “l’Italia potrebbe fare meglio se avesse la propria moneta”.
Borghi ricopre il ruolo di peso di presidente della commissione Bilancio della Camera dei deputati. All’economista è stato più volte contestato di essere in grado, con le sue dichiarazioni pubbliche, di far impennare lo spread. Una critica che Borghi accoglie con un mezzo sorriso: “Non capisco come un semplice parlamentare possa destabilizzare la zona euro. Se però ciò fosse, penso che ci sia un grosso problema di stabilità.
(Fanta)politica?
Ma cosa accadrebbe all’Italia se uscisse dalla zona euro? A provare ad immaginarlo è Sergio Rizzo, vicedirettore del quotidiano La Repubblica, che ha appena pubblicato un romanzo di fantasia dal titolo eloquente: “02/02/2020. La notte che uscimmo dall’euroCollegamento esterno“.
Mettendo insieme le gesta battagliere dei politici italiani, gli incidenti e gli screzi in Europa, Rizzo nel romanzo descrive l’Italia su un piano inclinato che in un breve lasso di tempo finisce per schiantarla in una bancarotta. Nel romanzo il Governo italiano senza più speranze cede Pompei ai russi per una partita di gas naturale e svende a prezzo stracciato il Colosseo ai cinesi.
Dove si tratta ancora in lire
Vi sono però dei luoghi in Italia dove la lira è ancora ben presente. Al mercato del bestiame di Cuneo in Piemonte, nulla è cambiato dall’introduzione dell’euro. Sono passati oltre 16 anni e i prezzi si trattano ancora in lire.
L’acquirente e il compratore, assistiti da un mediatore, si scornano per poi concludere l’accordo con la tradizionale “botta”, una forte pacca sulla mano con cui, in passato, il venditore giurava sulla propria famiglia di aver fornito una mucca di qualità. Una volta finita la trattativa, nel grande ristorante del mercato adibito ad ufficio fatture, con il celebre moltiplicatore 1936,27 (tasso di cambio fisso euro-lire congelato nel 2001) le cifre di vendita sono riconvertite in euro per la fiscalità ufficiale.
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