La Guardia di finanza sequestra 18 milioni a un broker residente in Svizzera
Un'inchiesta della Procura di Milano ha portato al sequestro di 18 milioni di euro al fondatore di alcune società elvetiche residente in Svizzera.
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Keystone-ATS
Il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, in un’inchiesta della Procura di Milano, sta eseguendo un decreto di sequestro preventivo da circa 18 milioni di euro a carico di una persona residente in Svizzera, “fondatore di un gruppo societario e amministratore di alcune società elvetiche”.
Dalle indagini è emerso che l’indagato avrebbe messo in piedi “un sofisticato sistema societario, creato ad hoc al fine di collocare in Italia, attraverso una folta rete di agenti, diverse tipologie di prodotti finanziari, come polizze assicurative sulla vita, strumenti finanziari derivati, servizi d’investimento in un fondo lussemburghese, in assenza delle prescritte autorizzazioni per operare fuori sede, nei confronti di imprenditori del Nord Italia in possesso d’ingenti patrimoni mobiliari”.
I reati al centro dell’inchiesta sono “truffa, abusiva attività finanziaria svolta sul territorio dello Stato” e, come si legge in un comunicato del procuratore Marcello Viola, “omessa presentazione della dichiarazione dei redditi”.
Le presunte vittime dei raggiri su investimenti finanziari hanno denunciato di aver subìto “un danno patrimoniale complessivo nell’ordine di oltre 50 milioni di euro”, come emerge dall’inchiesta della Procura milanese.
Truffati anche Giorgetto Giugiaro e Matteo Cordero di Montezemolo
Come si legge nel decreto del GIP Teresa De Pascale, infatti, l’indagine è nata dalle denunce presentate, tra il 2020 e il 2024, da sei persone, tra cui il designer Giorgetto Giugiaro, che “lamentavano di essere stati raggirati” dall’uomo e dai suoi “collaboratori che, agendo per conto delle società di gruppo elvetico, avevano proposto loro attività d’investimento e collocato strumenti finanziari rivelatisi alla fine fallimentari”. Giugiaro avrebbe perso “12,5 milioni di euro”.
Sempre dagli atti risulta che una società di Matteo Cordero di Montezemolo, figlio dell’ex presidente Ferrari, avrebbe subìto un danno di oltre 350’000 euro, dopo essere stata “sollecitata” a investire “nel comparto HFPO complessivi 10 milioni di euro e nel comparto Tangible Credit complessivi 3 milioni di euro”.
Il figlio dell’ex presidente della Fiat è stato anche sentito come teste, spiegando che “gli uffici di Londra” della società elvetica “non gli sembravano essere operativi, tenuto conto dell’assenza di una adeguata struttura tale da gestire i servizi che proponevano”. I nove indagati “in occasione della fissazione degli incontri sostenevano di avere la loro struttura operativa in Svizzera”. Spesso, però, “si recavano in Italia in quanto avevano svariati rapporti con clienti italiani sia legati al mondo dell’imprenditoria che istituzionali”. Sempre negli atti si legge che il broker in passato aveva lavorato “come fisico nucleare al CERN di Ginevra”.
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