La morte dei Giganti di Acatti in Aspromonte
Sono bruciati per undici giorni e undici notti. Erano i “giganti di Acatti”, monumenti naturali millenari, patrimonio Unesco nel cuore più selvaggio del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in Calabria.
Le nostre telecamere documentano il silenzio irreale delle conseguenze di un incendio boschivo. E le voci di camminatori e scienziati spiegano ai nostri microfoni quanto sia devastante un gesto doloso aggravato dalla decapitazione della macchina della prevenzione, con i tagli alla spesa pubblica e l’abolizione del Corpo Forestale dello Stato.
L’età media degli operai forestali della Regione è di 63 anni perché le assunzioni sono bloccate e si lavora senza nemmeno una radio in luoghi in cui i telefonini non hanno campo. I prevedibili eventi meteorologici estremi peggioreranno la situazione già dall’autunno causando frane e il crollo dei tronchi rimasti in piedi.
Dall’inizio dell’anno, in Italia, soprattutto al Sud, sono andati in fumo oltre 150 mila ettari di boschi (dati Effis, European Forest Fire Information System Collegamento esternodella Commissione europea) causando la morte di milioni di esemplari di fauna selvatica: ricci, scoiattoli, cervi, caprioli, volpi, ghiri, passeri, capinere, falchi, tartarughe, salamandre, lucertole.
Un quinto del territorio nazionale, secondo Coldiretti, è a rischio desertificazione. Il cambiamento climatico, con lunghe siccità, bombe d’acqua e aumento repentino delle temperature, sta divorando il territorio. Da vent’anni esiste il reato di incendio boschivo ma il 44% dei comuni non cura il catasto degli incendi, uno strumento pensato per definire divieti, prescrizioni e sanzioni sulle zone boschive e sui pascoli percorsi dal fuoco così da impedire che su quei suoli si possa speculare e cementificare.
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