Dieci giorni da Leone a Venezia
Si apre mercoledì la 76esima edizione della Mostra internazionale del cinema. Nella città lagunare sono attese molte star. Non mancano però le critiche, in particolare per l'esiguo numero di registe in concorso e per la presenza di cineasti controversi, come Roman Polanski.
Il sipario si alza mercoledì sul più vecchio festival cinematografico del mondo. La Mostra, trampolino di lancio degli Oscar, presenterà 21 lungometraggi in concorso. Il Leone d’Oro sarà assegnato sabato 7 settembre al Lido dalla giuria presieduta dalla regista argentina Lucrecia Martel.
A Venezia è annunciata la presenza, tra gli altri, di Robert De Niro, Brad Pitt, Johnny Depp, Kristen Stewart, Scarlett Johansson, Gong Li, Penélope Cruz o ancora il cantante dei Rolling Stones Mick Jagger
Per l’ottavo anno, il festival è diretto da Alberto Barbera, intervistato in questo servizio dalla Radiotelevisione Svizzera:
Ad aprire la Mostra è il regista giapponese Kore-eda Hirokazu, Palma d’oro a Cannes nel 2018 per “Une affaire de famille”, che a Venezia presenta “La verité”, interpretato da Catherine Deneuve e Juliette Binoche.
Quest’anno ampio spazio è lasciato agli Stati Uniti. Brad Pitt promuoverà il film di fantascienza “Ad Astra” del suo connazionale James Gray. Joaquin Phoenix e Robert De Niro saranno presenti con l’atteso “Joker” di Todd Phillips, che esplora le origini del famoso avversario di Batman, e Meryl Streep per “The Laundromat” di Steven Soderbergh, sul caso Panama Papers.
Solo due donne
La presenza in concorso di due sole registe – la saudita Haifaa Al-Mansour con “The Perfect Candidate” e l’australiana Shannon Murphy con “Babyteeth” – ha suscitato diverse critiche. A Cannes, le cineaste in competizione erano quattro e a Berlino sette. Già un anno fa la Mostra era stata criticata per lo scarso spazio lasciato alle donne.
Un’altra controversia riguarda la partecipazione del regista franco-polacco Roman Polanski, il cui film sul caso Dreyfus, intitolato “J’accuse”, è stato selezionato per il concorso.
L’anno scorso il regista di 86 anni era stato escluso dall’Accademia degli Oscar, essendo ancora perseguito dalla giustizia americana per lo stupro nel 1977 di un’adolescente.
“Uno stupratore. Due sole registe in competizione. Cos’altro mi sono persa?”, ha twittato la fondatrice del gruppo di pressione Women and Hollywood Melissa Silverstein, sottolineando che il festival è completamente sordo alle questioni sollevate da #MeToo e Time’s Up.
“È come se apprezzassero di essere gli ultimi dinosauri”, ha rincarato la regista Laura Kaehr, co-presidente dell’associazione svizzera SWAN (Swiss Women’s Audiovisual Network), citata dalla rivista americana The Hollywood Reporter.
Alberto Barbera ha cercato di giustificare le sue scelte, affermando: “Siamo qui per vedere delle opere d’arte, non per giudicare la persona che c’è dietro”.
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