Piazza della Loggia, Berna non estraderà Marco Toffaloni
Negato l’accompagnamento coattivo per il presunto terrorista che vive nei Grigioni, poiché il reato di strage per il quale è a processo a Brescia è prescritto in Svizzera.
Marco Toffaloni, uno dei due presunti autori materiali della strage di Piazza della Loggia (l’altro è Roberto Zorzi), avvenuta il 28 maggio 1974, non comparirà nell’aula di tribunale dei minori a Brescia in cui si sta celebrando il processo a suo carico.
Il servizio del settimanale Falò della RSI del 7.3.2024 sulle tracce di Marco Toffaloni.
Le autorità elvetiche hanno infatti negato il trasferimento coattivo dell’imputato, che all’epoca dei fatti aveva 16 anni e attualmente vive a Landquart, nel Canton Grigioni. Per Berna il reato di strage che gli viene contestato è prescritto, contrariamente a quanto sostengono i magistrati italiani in base alle norme vigenti nel Belpaese.
Nel corso dell’udienza di giovedì non si è presentato neanche il fratello dell’imputato, che risulta irreperibile. Il processo è stato quindi rinviato al 14 novembre, data in cui è prevista l’audizione degli ultimi testimoni della difesa.
Toffaloni assente in aula
Marco Toffaloni era stato rinviato a giudizio in aprile, dopo due analoghe richieste che erano state annullate per difetti formali, e il processo si è aperto lo scorso 30 maggio.
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Ma l’ex militante dell’organizzazione di estrema destra Ordine Nuovo, nonostante i ripetuti inviti a presentarsi spontaneamente in aula, ha disertato le udienze e il presidente del tribunale a inizio ottobre ha emesso un’ordinanza che ha disposto il suo accompagnamento coattivo, come previsto dal Codice di procedura penale: ai sensi dell’articolo 132 cpp il giudice può infatti ordinare, nei casi contemplati dalla legge e con decreto motivato, “di condurre l’imputato alla sua presenza, se occorre anche con la forza”.
Il niet di Berna
A tale richiesta però, il Dipartimento di giustizia e polizia (DFGP) ha risposto di non poter dare seguito poiché per l’ordinamento svizzero il reato contestato al presunto terrorista è prescritto. Inoltre, non sussistono basi legali nella Confederazione che prevedano l’accompagnamento coattivo in aula.
Ma c’è di più: Berna ha fatto sapere che non concederebbe l’estradizione anche in caso di condanna definitiva. “Ritenuto che i fatti risalgono al 1974 – scrive il DFGP – anche una domanda in tal senso sarebbe da rifiutare” perché secondo le norme svizzere interverrebbe la prescrizione.
Il procedimento andrà comunque avanti, anche se questi ultimi sviluppi costituiscono l’ennesimo colpo di scena nell’intricata e complessa vicenda giudiziaria seguita ai tragici eventi di Piazza della Loggia che negli ultimi anni sembrava aver trovato un filo conduttore.
Inchiesta complicata
I fatti risalgono agli anni di piombo: la mattina del 28 maggio 1974, cinque anni dopo Piazza Fontana che dette il via alla cosiddetta strategia della tensione, un ordigno collocato in un cestino dei rifiuti venne fatto deflagrare in centro a Brescia nel corso di una manifestazione indetta dai sindacati per protestare contro il terrorismo di matrice fascista, uccidendo nove persone e ferendone altre 102.
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Le inchieste che seguirono finirono sostanzialmente in un nulla di fatto, analogamente alle altre stragi di quel periodo: depistaggi, servizi segreti deviati e apparati dello Stato ostacolarono l’attività dei magistrati e i due procedimenti che furono aperti su Piazza della Loggia non riuscirono a individuare mandanti ed esecutori del massacro.
La luce in fondo al tunnel
Finalmente, nel 2017 la Corte di Cassazione, al termine di una terza istruttoria, ha confermato in via definitiva le condanne all’ergastolo i due principali imputati, legati all’organizzazione neofascista Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, ritenuti gli autori materiali. Ma restavano ancora alcuni punti oscuri nella vicenda.
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Improvvisamente sono venuti alla luce nuovi indizi che hanno coinvolto l’allora sedicenne Marco Toffaloni: in particolare una testimonianza di un pentito neofascista, Giampaolo Stimamiglio, e una foto di cui sono entrati in possesso gli inquirenti che lo ritraeva sul luogo nella strage pochi istanti dopo l’esplosione accanto a una vittima.
Riparato in Svizzera negli anni ’80 l’ex militante di Ordine Nuovo nel frattempo ha cambiato nome, si è sposato e ha acquisito la cittadinanza elvetica e ora vive a Landquart, nel Canton Grigioni.
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