Altro che (vis)Conte dimezzato!
Il lungo braccio di ferro sulla legge di bilancio tra Roma e Bruxelles, risoltosi con una non scontata intesa ai tempi supplementari, rischia di modificare gli equilibri all’interno del governo italiano e di ridisegnare gli scenari politici nei prossimi mesi.
La manovra finanziaria, al di là degli annunci dal sapore più o meno propagandistico, ha subito nel corso delle complicate trattative pesanti correzioni sia riguardo all’indicazione del deficit a fine 2019, limato dal 2,4 al 2,04% del PIL, sia in merito alla previsione di crescita, scesa da un improbabile 1,5 all’1%. E in questo paziente lavoro di cesello è indubbiamente emersa, sotto l’attenta regia del presidente Sergio Mattarella, la triade di tecnici costituita dai ministri dell’Economia e degli Esteri Giovanni Tria ed Enzo Moavero e soprattutto dal premier Giuseppe Conte che è riuscito a ritagliarsi un ruolo per il quale in pochi finora ritenevano fosse realmente accreditato.
Di sicuro il professore di diritto privato, cooptato nel mondo della politica in seguito alla “rivoluzione” dello scorso 4 marzo, in questa fase ha potuto beneficiare delle contingenti difficoltà dei suoi due tutori gialloverdi, i vicepresidenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, costretti a un deciso passo indietro sull’onda dello spread e dei mercati finanziari che, ancor prima dei vertici Ue e dei sondaggi, avevano bocciato la “manovra del popolo”.
Ma sarebbe ingeneroso e persino scorretto non riconoscere gli effetti dell’iniziativa di Giuseppe Conte che nel momentaneo vuoto di potere si è preso tutti gli spazi disponibili di cui formalmente è investito: ha tessuto una preziosa rete di contatti e, facendo da spola tra Bruxelles e la sede del MEF in Via XX Settembre, è riuscito a far conciliare le pretese di Commissione e cancellerie con la linea del Piave tracciata dagli stati maggiori di M5S e Lega.
Reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni non si toccano, ha ripetuto come un mantra in questi giorni il presidente del Consiglio, venendo incontro ai suoi due interlocutori partitici, ma intanto parte dei 10 miliardi di risparmi addizionali individuati nelle ultime ore verranno ricavati proprio dalla rimodulazione di queste due misure-simbolo.
Non è solo però nei confronti dei leader di Cinque Stelle e Lega che Giuseppe Conte è riuscito a far prevalere la linea della trattativa. Quando nel corso della giornata di martedì l’esito della manovra era ancora in bilico il premier, adottando un’iniziativa del tutto irrituale, ha preso il telefono e ha chiamato il vice di Jean-Claude Juncker, il vicepresidente della Commissione (con delega sull’euro) Valdis Dombrovskis, portavoce dei falchi del Nord Europa che si opponevano strenuamente alle istanze italiane.
Il commissario lettone è stato esortato da Giuseppe Conte a non tergiversare di fronte ai nuovi impegni sottoscritti dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia e delle Finanze nella lettera inviata ieri a Bruxelles e questa mossa, ribadita poche ore dopo al più conciliante Pierre Moscovici, commissario Ue agli affari economici, ha sbloccato il negoziato.
Anche in questo caso il capo del governo italiano ha potuto indubbiamente approfittare di un contesto continentale in evoluzione che negli ultimi giorni volgeva a favore di Roma, con Emmanuel Macron costretto a sua volta a sforare il deficit oltre il 3% a causa delle concessioni fatte ai gilet gialli e Angela Merkel restia ad aprire un fronte di guerra a sud delle Alpi. Ed è quindi riuscito alla fine a neutralizzare l’ostilità dei paesi rigoristi, capitanati dai Paesi Bassi e dall’Austria, che peraltro alcuni avevano azzardato impropriamente che potesse essere un’alleata dell’Italia in virtù di presunte affinità sovraniste con la Lega di Salvini.
Ma alla fine sono i risultati che contano, il compromesso sul bilancio italiano con l’Ue era tutt’altro che scontato e il contributo del premier si è rivelato, per alcuni forse del tutto inaspettatamente, decisivo. Ovviamente da qui a presagire un futuro da leader politico per Giuseppe Conte ce ne corre ma da oggi il capo del governo può a giusto titolo confutare le tesi che lo relegano al ruolo di semplice comparsa della politica italiana.
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