Viaggio tra i beni confiscati in Calabria #1
«La mafia restituisce il maltolto a un territorio martoriato e oggi questo bene, frutto di traffici illeciti, è un segno di speranza, di crescita, di vita». Barbara Cartella è uno dei capi scout del gruppo Reggio Calabria 15 della parrocchia di San Giovanni Battista, nel quartiere di Archi, per anni scenario della seconda guerra di ‘ndrangheta.
In una traversa stretta e senza via d’uscita, in contrada Mercatello, nel profondo sud calabrese, gli scout hanno avuto il coraggio di fare richiesta per ottenere in gestione un bene confiscato e dal 2010, la loro sede è l’ex fortino dei Condello.
«Il nostro gruppo nasce nel 1995, sulle ceneri di un teatro di guerra che ha lasciato sul territorio centinaia di morti, in un momento in cui, la società civile si stava risvegliando. E tutti quei giovani che non avevano avuto un’infanzia felice, hanno trovato un rifugio sicuro nella vita associativa», spiega.
Qualche numero
Secondo l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) sono quasi 26mila i beni mobili, immobili e aziendali sequestrati in Italia. I dati, aggiornati al 21 maggio 2017, confermano un trend negativo per il meridione: sul podio ci sono, infatti, la Sicilia con 8868 e a seguire la Calabria (dove il maggior numero si concentra nella provincia di Reggio Calabria) con 4271 e la Campania con 4109.
Seguono Puglia (2410), Lazio (2065), Lombardia (1507), Toscana (396), Emilia Romagna (382), Piemonte (323), Veneto (317), Abruzzo (259), Sardegna (238), Liguria (147), Umbria (112), Basilicata (60), Marche (47), Valle d’Aosta (26), Trentino Alto Adige (20), Friuli Venezia Giulia (19) e Molise (7).
D’altronde il gruppo viene creato proprio per questo, per togliere dalla strada i ragazzi ed evitare l’isolamento di quelli che provenivano da famiglie appartenenti ad ambienti criminali. Ma quando gli scout vengono sfrattati da una zona centralissima e a duecento metri da mare, ci si trova davanti a un bivio.
«Abbiamo pensato a un bene confiscato e quando abbiamo saputo che c’era stato assegnato Palazzo Condello, la scelta è stata difficile perché c’era il timore di metterci in conflitto», continua Barbara Cartella.
Una scelta coraggiosa
Una scelta che non poteva essere di certo fatta a cuor leggero perché in mezzo c’era il fortino della famiglia Condello, avversaria dei De Stefano. Un palazzo di sei piani con una facciata mai ultimata, ma con una vista mozzafiato su tutta la città. Sequestrato nel 1991, confiscato un anno dopo, solo nel 2010 c’è stata l’assegnazione dei vari appartamenti ad associazioni e famiglie indigenti.
In questa stessa via dove oggi ci sono gli scout nel lontano ‘85 Paolo De Stefano, latitante condannato per mafia e droga, viene ucciso assieme al guardaspalle Antonio Pellicanò.
Il boss degli ‘arcoti’ muore sotto casa dei Condello. È l’inizio della seconda guerra di ‘ndrangheta che vede da un lato i De Stefano e i Tegano, dall’altro i Condello e gli Imerti. Una lotta violenta per il controllo del territorio che conta 650 morti.
Con la condanna dei fratelli Paolo e Domenico Condello, il Palazzo del potere viene sequestrato, ma fino al 2006 mogli, figli, zii e cugini del boss continueranno a vivere e gestire gli affari del latitante Pasquale detto Il Supremo, arrestato nel 2008.
Sede scout
Nell’aprile del 2006 i Condello vengono costretti a lasciare il Palazzo, il Comune inizia i lavori di ristrutturazione per un importo di 500mila euro. E alla fine, un piano è diventato la sede scout Agesci.
«E’ stata una trasformazione fondamentale. Oggi qui si fanno diverse attività e spettacoli teatrali, c’è un cineforum e una biblioteca nata grazie alla donazione di oltre 2mila libri. E Palazzo Condello non è più la casa di, ma la sede scout di un gruppo che ha avuto il coraggio di non mollare».
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