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Coincidenze natalizie

San Nicolao e lo Schmutzli
Un regalo da San Nicolao o una punizione dallo Schmutzli? Keystone / Walter Bieri

Paese che vai, Natale che trovi. Anche se le tradizioni sono diverse, qualche similitudine si impone, a cominciare dal binomio "sacro e profano".

Dlin. … Dlin, dlin. … Dlin. La chat del Circolo svizzero di Roma lo scorso 6 dicembre era in subbuglio. Dlin, “Auguri!” – Dlin, “Attenti allo Schmutzli!”. Quel giorno in Svizzera si festeggia San Nicolao e la sua tradizione non ha nulla da invidiare a quella dell’italica Befana che arriva un mese dopo. Dlin, “Che bei ricordi d’infanzia!”, e dlin!, giù con gli smiley con gli occhi a forma di cuoricino.

Tra sacro e profano in salsa elvetica

Le festività natalizie d’oltralpe hanno inizio il giorno in cui nelle scuole arriva il “Samichlaus” accompagnato immancabilmente dal suo temuto assistente, e, a volte, dall’asinello. Il possente Babbo Natale elvetico fa visita ai bambini per accertarsi che siano stati buoni durante l’anno e per elargire – solo a quelli buoni, ovviamente – mandarini, noci e cioccolata.

A quelli cattivi ci pensa lui: Schmutzli, l’aiutante di Samichlaus. Chi ha fatto il discolo rischia di essere portato via nel grande sacco che quel losco figuro si porta sempre appresso. Barba nera, casacca scura con cappuccio a punta, armato di ramazza (per meglio dare le sculacciate), è l’incubo di ogni bambino. Anche il più irrequieto si zittisce quando appare la mitica coppia, Dottor Jekyll e Mister Hyde, il buono e il cattivo, il rosso e il nero, il sacro e il profano.

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Una svizzera a Roma – Rubrica semiseria di mediazione culturale In questa serie, Gaëlle Courtens, giornalista svizzera residente da anni nella capitale italiana, ci propone un suo sguardo su episodi di ordinaria quotidianità. tvsvizzera

Dlin. Dlin…, dlin. Gli auguri nella chat del Circolo svizzero il 6 dicembre sono andati avanti tutta la giornata, mentre fuori il tran tran romano non avrebbe potuto essere più ordinario. Invece, in Svizzera è già un tripudio di Grittibänz (quelle tradizionali brioches dolci a forma di omino, e da alcuni anni anche di donnina), nonché di biscotti di Natale: Mailänderli, Brunsli, Zimtsternli, Zitroneherzli.

Di corone e calendari

Ad essere precisi, però, dalle mie parti si entra nel periodo natalizio la prima domenica d’Avvento, quattro domeniche prima di Natale. Quel giorno, nelle case e nelle chiese, si accende la prima candela della corona d’Avvento: una grande ciambella di rami di pino intrecciati, decorata con bacche e pigne e infilzata da quattro candele. La corona è un’usanza dalle origini pagane, ma molto sentita.

E poi c’è il calendario dell’Avvento. Ce ne sono di tutti i tipi e sono un assoluto “must”. Quando arrivai a Roma più di 20 anni fa, non si trovavano. Ormai, i calendari con le porticine numerate che nascondono i cioccolatini, l’ultimo dei quali si degusta la notte di Natale, sono facilmente reperibili anche qui. I primi tempi a mancarmi particolarmente, però, furono i biscotti di Natale, tant’è che mi misi – io che in cucina sono negata – a confezionarli personalmente, pur di tramandare la tradizione ai figli. E per quanto riguarda la corona: una quindicina d’anni fa scoprii che la chiesa luterana di Roma vendeva le corone d’Avvento al suo bazar di fine novembre. Da allora mai più senza!

Tra sacro e profano in salsa romana

Coincidenze natalizie: a Roma l’inizio delle festività è legato anch’esso ad una corona, quella di fiori bianchi che il pontefice porta alla Vergine Maria di piazza Mignanelli per l’Immacolata concezione.

Una tradizione che da buona zurighese mi rimane, è il caso di dirlo, di difficile concezione; quel che concepisco bene però, è che il centro della Capitale quel giorno è impraticabile: le linee degli autobus vengono deviate, la fermata della metropolitana di Piazza di Spagna viene chiusa, le forze dell’ordine vengono schierate in un notevole dispositivo di sicurezza su tutto il percorso papale tra Piazza San Pietro e la colonna di marmo romano sulla quale svetta l’Immacolata.

Per quel giorno i commercianti hanno già srotolato chilometri di tappeti rossi che ricoprono i marciapiedi e che, in men che non si dica, assumono un aspetto piuttosto indecoroso. Invece, le vetrine dei negozi di intimo sono tappezzate di ogni sorta di pizzo e contropizzo di colore rigorosamente rosso cardinale.

Un contrasto tra sacro e profano, che ha un ché di folkloristico, e che inizialmente non concepivo. Mi stupivo della nonchalance con cui convivevano da una parte la devozione per l’Immacolata concepita senza peccato, e dall’altra l’usanza di indossare indumenti intimi rossi concepiti per le macolate. Ricordo il disagio che provai la prima volta che mi regalarono una mutandina rossa, raccomandandosi con me: “Va portata la notte di capodanno, che porta fortuna per l’anno nuovo”. C’è chi racconta che diventai più rossa io della mutanda.

La magia del Natale

Dopo tanti anni a Roma, la tradizione locale che più mi mette in modalità natalizia però sono le note degli zampognari.

Non c’è nulla di paragonabile a Zurigo, tranne, forse, i coretti dell’Esercito della Salvezza che si esibiscono in ricchi repertori natalizi. Ma la magia non è la stessa. Quando risuona sotto casa la zampogna, allora per me è Natale. Con buona pace … Dlin, dlin … di Samichlaus, del suo compare Schmutzli, e pure del Grittibänz, che tanto c’è il pandoro… Dlin!

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