La gattara e i suoi fratelli
A rischio estinzione i mestieri caratteristici del panorama urbano della città eterna?
La gattara, l’arrotino, l’ombrellaio, il centurione sotto il Colosseo, il venditore di scope dai colori sgargianti che con la sua apetta si aggira nei vicoli di Roma come un gigantesco mazzo di fiori ambulante… nella città eterna c’è chi esercita dei mestieri – anche “a gratisse” – che gli zurighesi neanche s’immaginano. Se mi chiedete quali professioni mi vengono in mente quando penso alla mia città, d’acchito direi: il bancario, l’assicuratore, l’orologiaio… che tristezza, mi risponderete.
Eh sì, non c’è dubbio che il “parco mestieri” di Roma è molto più allegro ed immaginifico. Ma così come Zurigo non sarebbe veramente Zurigo senza le sue banche, così Roma non sarebbe veramente Roma senza le gattare e i suoi gatti. Non a caso il gattaccio di strada degli Aristogatti, Romeo, non poteva che essere “der Colosseo”.
Le gattare nei cespuji
Non c’è negozio di souvenir che non sfoggi calendari con i gatti randagi raggomitolati tra le vestigia delle glorie imperiali. Non ne ho però mai visto uno che rappresenti anche chi tutti questi felini li accudisce amorevolmente: le mitiche gattare. Ogni quartiere ha la sua. Tant’è che non ho mai capito il nesso di causalità: a Roma ci sono così tanti gatti perché ci sono le gattare, o viceversa?
Queste signore che su propria iniziativa quotidianamente rifocillano i gatti della capitale fanno talmente parte dell’ambiente urbano, che in fondo non le si degna poi più di tanto. Recentemente, e finalmente, direi, il cantautore romano Emilio Stella ha restituito loro la dovuta attenzione con una canzone nella migliore tradizione trilussiana: “La gattara” che “se ne va a sfamare tutta la città, pe’ i giardini e i cespuji dell’artri cortili. Lei che ha ancora un po’ d’amore e de pietà, troverà un branco de micetti per parla’”.
I centurioni sfrattati
Tra i personaggi bizzarri, per non dire carnevaleschi, fino all’altro giorno c’erano i centurioni, legionari e gladiatori mascherati di tutto punto, che per qualche euro – sempre troppi – si facevano fotografare con i turisti davanti alle meraviglie della Roma antica.
In anni recenti sono diventati oggetto di reiterate ordinanze del sindaco tese ad allontanarli dai monumenti, rei di deturpare il decoro urbano e importunare i turisti. Ammetto di non essermi mai fatta una foto con quei soggetti, eppure, come si fa a pensare i Fori imperiali, i Mercati di Traiano o il Colosseo senza quel pezzo così caratteristico di Roma? Seppure un po’ kitsch, plasticamente ci facevano fare un tuffo nella storia. Ma ormai anche i “centurioni fake” sono passati alla storia. Recentemente è entrato in vigore il nuovo regolamento di polizia urbana che li ha definitivamente sfrattati dall’area.
L’arrotino che aggiusta le cucine a “gasse”
Mi ha sempre incuriosito anche un altro personaggio che all’inequivocabile richiamo di “Donne! È arrivato l’arrotino!” si aggira per i rioni con la sua macchina sgangherata munita di altoparlante. Essendo io proveniente da una zona del mondo dove fare chiasso in strada non è ben visto, dapprima accolsi con perplessità quel richiamo. Tuttavia, adesso che ci penso, se non ci fosse, mancherebbe. Fa parte del panorama sonoro della città insieme ai cori dei tifosi de Roma capoccia, “core de ‘sta città”, o agli allarmi di moto e macchine parcheggiate in strada e che – ogni volta che un temporale si abbatte sul quartiere – scattano all’unisono.
“Donne! È arrivato l’arrotino e l’ombrellaio!”: un annuncio che i romani conoscono a memoria e la cui registrazione risale, pare, a parecchi decenni fa. Ogni arrotino che si rispetti fa merchandising con quel ritornello, sempre uguale, una sorta di “marchio di fabbrica”: che l’arrotino non solo affila coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta e coltelli da prosciutto, ma che aggiusta la nostra cucina a “gasse” e che ripara i nostri ombrelli, lo sanno anche i bambini. Non ho visto mai nessuno correre con coltelli e forbici appresso a quella macchina per chiedere i servigi dell’arrotino delle donne, ma se ancora circola per i quartieri, vuol dire che quanto meno si arrangia.
Per quanto tempo ancora?
Roma sarà anche la città eterna, ma i suoi mestieri – che agli occhi di una svizzera come me sembrano così caratteristici del suo panorama urbano – rischiano di non durare in eterno.
I gladiatori alla Russell Crowe sono stati relegati nelle loro periferie; gli arrotini arrancano in una società che preferisce buttare e ricomprare, anziché far riparare; le gattare serviranno sempre meno, visto che ormai c’è giustamente l’obbligo per tutti i gatti di essere sottoposti a sterilizzazione. Per non dire del cambio di appellativo che pende sulla loro testa: l’amministrazione capitolina è in procinto di introdurre la figura del “tutor di colonia felina” munito di apposito tesserino. E chi mai dedicherà più una canzone in romanesco al “tutor” dei gatti?
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