Varese, infermieri dal Sudamerica per rimpiazzare quelli che fuggono in Svizzera
Per combattere la penuria di personale infermieristico, le strutture ospedaliere di Varese impiegheranno da metà dicembre dodici infermieri reclutati in Sudamerica tramite regolare bando di concorso. Un’iniziativa, quella di Varese, che presto sarà seguita dal resto della Lombardia e probabilmente dal resto delle Regioni italiane.
L’arrivo di nuova forza lavoro a Varese dal Sudamerica è stato annunciato direttamente dall’assessore regionale alle politiche sociali della Regione Lombardia Guido Bertolaso e dal direttore generale dell’azienda ospedaliera varesina Giuseppe Micale. Insieme hanno presentato il progetto di assunzione del personale infermieristico straniero avviato dall’azienda sociosanitaria territoriale varesina (Asst Sette LaghiCollegamento esterno). Una prima in Italia.
“L’iniziativa è da replicare in tutte le aziende sanitarie che hanno difficoltà a reperire il personale infermieristico”.
Guido Bertolaso, Assessore al Welfare Regione Lombardia
“L’iniziativa avviata dall’Asst Sette Laghi – sostiene Bertolaso – è da replicare in tutte le aziende sanitarie che hanno difficoltà a reperire il personale infermieristico”.
La mobilità internazionale degli infermieri non è un reclutamento alternativo di personale. Va invece interpretato come una selezione aggiuntiva. “Un secondo canale di reclutamento – chiarisce il direttore generale Giuseppe Micale – visto che al 31 dicembre del 2022 nell’azienda ospedaliera di Varese sono aumentati gli effettivi di tutte le figure professionali, solo gli infermieri sono diminuiti”.
L’opportunità di reclutare personale all’estero è stata data inizialmente dal decreto-legge “Cura ItaliaCollegamento esterno” emanato durate il Covid (entrato in vigore il 17 marzo 2020) e in seguito diventato legge e infine ribadito dal decreto “Bollette” del marzo 2023. “Grazie a questa possibilità – aggiunge Giuseppe Micale – abbiamo lanciato il bando di concorso all’estero con il quale abbiamo assunto 2 infermieri argentini e 10 paraguayani”.
Bertolaso: “La Lombardia fa da locomotiva”
“Di questo piccolo grande esperimento – aggiunge Bertolaso – ne faremo tesoro e lo replicheremo in tutta la Lombardia e sono sicuro che la nostra iniziativa sarà proposta anche da altre Regioni italiane. Non siamo solo noi in Lombardia ad avere difficoltà a reclutare personale sociosanitario”.
Questo delle difficoltà a reperire personale infermieristico è uno dei principali problemi del sistema sanitario italiano in generale, lombardo in particolare ed è ancora più sentito nelle tre province che confinano con la Svizzera. Non è dunque mancata la frecciatina all’indirizzo della vicina Svizzera: “Noi ci facciamo carico della formazione degli infermieri – polemizza Bertolaso – e la Svizzera come anche la Norvegia si godono la loro professionalità senza aver ‘cacciato un lira’ per la loro formazione”.
Il percorso per l’inserimento dei dodici infermieri sudamericani è iniziato lo scorso 23 maggio con la pubblicazione del bando. Al termine dell’iter, ai candidati idonei è stato conferito l’incarico e l’Asst ha provveduto ad espletare tutte le pratiche burocratiche per l’ottenimento del nulla osta da parte del Ministero dell’interno al fine del rilascio del visto. “Non facile – chiosa Bertolaso – soprattutto per l’equipollenza dei diplomi. Ma con la volontà di tutti gli attori in gioco siamo riusciti, anche velocemente, a risolvere tutti i problemi”. Le dodici persone scelte, due argentini e 10 paraguayani, come detto, potranno dunque iniziare a lavorare.
Le richieste dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Varese
Il piccolo grande esperimento, come lo ha chiamato l’assessore lombardo Bertolaso è un primo passo ma risolve in minima parte il fabbisogno di infermieri. Secondo una stima dell’Ordine delle professioni infermieristiche di VareseCollegamento esterno (OPI), negli ultimi anni dai 20 ai 25 infermieri al mese escono dal sistema sanitario italiano: o per andare in pensione o soprattutto per andare lavorare in Svizzera. Per cercare di arginare l’emorragia verso il vicino Canton Ticino, Aurelio Filippini, Presidente dell’OPI di Varese, nei mesi scorsi ha proposto più di una soluzione concreta.
“Per fermare la migrazione dei nostri infermieri verso la Svizzera dobbiamo migliorano le condizioni di lavoro in Italia”.
Aulerio Filippini, Pres. Ordine delle professioni infermieristiche, Varese
“Si tratta – racconta Filippini – di introdurre incentivi per convincere il personale infermieristico a restare in Italia: dagli sgravi sugli affitti allo sconto benzina, fino all’assegno di confine”.
L’ordine di Varese ha chiesto aiuto alla Regione Lombardia. Ora la Regione ha dato una sua prima risposta. “Certo – risponde Filippini – una risposta c’è stata ma solo per garantire la salute dei cittadini. I numeri sono ancora insignificanti e non bastano per rimpiazzare coloro che se ne vanno. Inoltre, per fermare la migrazione dei nostri infermieri verso la Svizzera dobbiamo migliorano le condizioni di lavoro in Italia”.
Solo rendendo attrattiva la professione infermieristica nelle zone di confine è possibile limitare l’esodo verso la Svizzera di figure essenziali per la sanità italiana. Una fuga verso il Canton Ticino conosciuta da tempo che nel periodo post Covid è diventata ancora più frequente.
“La soluzione di trovare personale all’estero – continua Filippini – non può essere una soluzione a lungo termine. È un po’ quello che sta facendo la Svizzera con il personale sociosanitario italiano. Anche per la Svizzera quella di prendere i nostri infermieri non può essere la risposta adeguata alla mancanza di personale. Si tratta dunque di una soluzione tampone”.
La situazione peggiora
“Nell’ultimo triennio la situazione si è aggravata – spiega Aurelio Filippini. Abbiamo raddoppiato tutti i dati precedenti, da 150 siamo passati a 360 professionisti della sanità migranti. Di questi il 90 percento sono infermieri”.
In Svizzera, lo stipendio base per un infermiere o un’infermiera è almeno il doppio rispetto alla retribuzione che si può percepire in Italia (tenendo presente il potere d’acquisto). Il salario iniziale di una persona diplomata è di 5’209 franchi (circa 5’200 euro).
“Nell’ultimo triennio la situazione si è aggravata: da 150 siamo passati a 360 professionisti della sanità migranti. Di questi il 90 percento sono infermieri”.
Aulerio Filippini, Pres. Ordine delle professioni infermieristiche, Varese
“I soldi – aggiunge Filippini – non sono l’unica ragione che spingono molti operatori e operatrici sanitari a varcare la frontiera”. Un posto di lavoro in Svizzera significa avere piani di formazione e aggiornamento costanti, misure di crescita concreta e valorizzazione sia professionale che umana, il sostegno delle riqualificazioni professionali e non da ultimo provvedimenti nell’ambito della maggiore conciliabilità lavoro-famiglia.
“Non poco – commenta Filippini – ed è proprio quello che chiediamo noi a partire dal lavoro a tempo parziale che in Svizzera è molto diffuso mentre in Italia si fa fatica ad introdurlo. Insomma, in Italia c’è ancora molto da lavorare, molto da cambiare”.
Qualcosa potrebbe mutare a partire da gennaio 2024. Infatti, secondo l’accordo italo-svizzero, i nuovi frontalieri dal prossimo anno saranno tassati in Italia (ora pagano l’imposta alla fonte in Svizzera). Questo cambiamento potrebbe andare a riequilibrare gli stipendi e con tutta probabilità il desiderio di fuga potrebbe venire attutito.
Questione annosa
Che la questione del personale sanitario in Lombardia, soprattutto per le province a ridosso con la Svizzera, sia un problema non è una novità.
Lo Stato italiano ha cercato di porvi parzialmente rimedio con la nuova legge di bilancio 2024. L’Art. 49 prevede infatti di tassare i vecchi lavoratori frontalieri che pagano l’imposta alla fonte in Svizzera per ottenere i fondi necessari da destinare al personale sanitario italiano così da rendere meno attrattiva la loro fuga verso il Ticino.
In breve, il balzello a carico dei frontalieri ha quale scopo quello di offrire un “bonus frontiera” ai professionisti italiani del settore sanitario per limitare il loro l’esodo verso la Svizzera.
“Se le basi legali sono date, e immagini di sì – commenta Filippini – un incentivo economico a favore di medici e infermieri è il benvenuto. È rassicurante vedere che per una volta una legge pensi a migliorare la situazione lavorativa del personale sociosanitario. Una ‘pezza’ diciamo per le regioni di frontiera, in attesa di un contratto generale nazionale che migliori davvero la situazione di tutto il personale ospedaliero”.
Secondo le prime stime, molto parziali, indicano un contributo totale che potrebbe toccare i 110 milioni di euro (i frontalieri italiani che lavorano in Svizzera sono oltre 91’000). Questo significherebbe che in busta paga medici e infermieri potrebbe avere un “premio” mensile fino a 750 euro. Il provvedimento è stato presentato dal ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, varesino che conosce bene le dinamiche del mondo del lavoro frontaliero.
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