Il conflitto nordirlandese nell’epoca Brexit
Vent'anni dopo l'accordo del Venerdì Santo che ha messo fine a tre decenni di conflitto in Irlanda del Nord, il processo di pace resta fragile e la Brexit fa temere alcuni analisti per l'avvenire.
Firmato il 10 aprile del 1998 dal governo britannico e irlandese con il sostegno dell’Unione europea e degli Stati Uniti, l’accordo aveva messo fine a 30 anni di conflitto tra i nazionalisti, a maggioranza cattolica, gli unionisti, essenzialmente di fede protestante.
“Niente nella mia vita eguaglia quello che è successo quel 10 aprile del 1998 alle 17:30”, ha detto lunedì ai giornalisti Paul Murphy, ministro britannico per l’Irlanda del Nord dal 1997 al 1999.
Solo quattro mesi dopo un attentato di un gruppo dissidente degli indipendentisti dell’Ira uccide 29 persone a Omagh. Il massacro più sanguinoso del conflitto nordirlandese che avrà però l’effetto di cementare gli accordi di pace.
Da allora, la violenza paramilitare non è che residua (anche se l’Ira ha rinunciato ufficialmente alla violenza nel 2005), ma al contempo le comunità tendono a vivere separatamente e le tensioni politiche restano molto accese tra unionisti e nazionalisti che si spartiscono il potere. L’assenza di un governo a Belfast da 15 mesi e l’implosione dell’esecutivo nel gennaio del 2017 lo dimostrano. Il Partito Unionista Democratico (Dup) e gli indipendentisti del Sinn Féin, non riescono più a mettersi d’accordo.
“La gente si domanda se davvero l’Irlanda del Nord è cambiata negli ultimi 20 anni” ha detto all’agenzia francese Afp Siobhán Fenton, autore del libro di prossima pubblicazione “The Good Friday Agreement”. secondo lui, il testo del 1998 non era “definitivo e deve continuamente essere reinterpretato e adattato a secondo dei cambiamenti della società”.
“È stato un compromesso ingegnoso in cui tutto è soggetto a interpretazione”, gli fa eco Giada Lagana, dottoressa di ricerca all’Università di Galway.
La conseguenza sono litigi continui e il mal funzionamento di certe disposizioni. E in questo contesto, la Brexit è un fattore che preoccupa.
Istituzioni europee come luogo di dialogo
Billy Hitchnson, ex combattente unionista diventato leader del Partito Unionista Progressista (Pup) e sostenitore della permanenza nell’Unione europea, teme il ritorno di una frontiera fisica tra Belfast e Dublino, anche se ritiene che l’Ue “continuerà a fornire sovvenzioni per risolvere i problemi del conflitto”, dice all’Afp.
Il divorzio tra Londra e Bruxelles, però, rischia di far perdere uno spazio di dialogo tra le parti per il processo di pace poiché “il solo luogo dove un approccio comune è sempre stato possibile è in seno alle istituzioni europee”, sottolinea Lagana.
Per i nazionalisti, un referendum sulla riunificazione dell’Irlanda, il cui principio è previsto nell’accordo di pace, risolverebbe la questione della frontiera. Ma una tale consultazione non gode al momento del sostegno della maggioranza.
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