Accordo italo-svizzero, novità per frontalieri e contribuenti
I dettagli dell'intesa siglata a Milano dopo anni di complicate trattative
Leggi la nostra guida: Quello che c’è da sapere sull’accordo fiscale tra Italia e Svizzera
Oggi è il giorno della firma dell’intesa fiscale italo-svizzera. Alla Prefettura di Milano i ministri delle finanze dei due paesi, Eveline Widmer-Schlumpf e Pier Carlo Padoan mettono il loro sigillo al Protocollo di modifica della Convenzione per evitare le doppie imposizioni (CDI). In realtà l’intesa è molto più ampia e riguarda l’insieme delle relazioni in ambito finanziario tra i due paesi, dal trattamento fiscale dei frontalieri, allo statuto di Campione d’Italia, passando dalle blacklist che penalizzano operatori finanziari e commerciali elvetici, soprattutto sul mercato italiano.
Perché c’era bisogno di un nuovo accordo?
A livello internazionale si sta cercando di coordinare i sistemi impositivi per evitare di tassare due volte i contribuenti per le stesse fonti di reddito o per gli stessi beni. Berna negli ultimi anni ha già siglato intese analoghe con numerosi Stati. Inoltre l’Accordo sui frontalieri, risalente al 1974, è ormai completamente superato. Nel frattempo l’Unione europea si è consolidata e la Svizzera ha firmato numerosi patti con Bruxelles, aderendo in particolare alla libera circolazione delle persone, che ha sostanzialmente modificato lo statuto di questa categoria di lavoratori. Basti pensare che precedentemente un lavoratore residente in Italia con permesso da frontaliere era obbligato a rincasare ogni sera al proprio domicilio.
Quale è l’interesse del governo italiano?
L’intesa si innesta nella Voluntary disclosure, la legge 186 votata recentemente dalle Camere che consente di regolarizzare, a ben precise condizioni, i capitali non dichiarati al fisco. Le stime di Bankitalia indicano in 200 miliardi di euro le somme occultate in Svizzera da contribuenti italiani (su un totale di 230 miliardi giacenti all’estero) ma perché l’intera operazione abbia successo (alle condizioni agevolate contenute nella Voluntary disclosure) è necessario depennare Berna dalla lista dei paesi non collaborativi sul piano fiscale. Cosa che appunto prevede l’accordo, sul quale fa affidamento Roma per il gettito straordinario che ne deriverà.
Quali sono gli effetti concreti dell’intesa?
Un po’ pomposamente alcuni organi di stampa hanno titolato che l’accordo fiscale tra i due paesi pone fine al segreto bancario elvetico che nell’immaginario collettivo sta alla Confederazione sullo stesso piano di Guglielmo Tell, la cioccolata e gli orologi. La realtà è un po’ diversa dal momento che Berna ha già aderito, nel novembre 2014, all’accordo multilaterale concernente lo scambio automatico di informazioni in ambito fiscale, secondo i parametri elaborati dall’OCSE (scambio che sarà operativo dal 2018). Inoltre per i residenti il segreto bancario continuerà ad essere vigente in Svizzera, anche se si stanno moltiplicando le iniziative tese a rimettere in discussione il principio anche a fini interni.
Per il cittadino italiano cambierà qualcosa?
Se per cittadino italiano si intende frontaliere o contribuente con capitali non dichiarati nei forzieri rossocrociati, sono previste diverse novità. Per i lavoratori pendolari residenti all’estero finisce l’epoca della tassazione leggera. Finora erano infatti tassati alla fonte solo dalla Svizzera, che successivamente riversava una quota del 38,8% ai comuni italiani di frontiera, via Roma. Per l’Agenzia delle entrate era come se non esistessero. Con l’accordo la Confederazione si limita a trattenere, fino a una quota massima del 70%, gli attuali tributi di sua competenza. Mentre i frontalieri dovranno presentare la loro dichiarazione fiscale, come qualsiasi altro contribuente italiano, e saranno tassati secondo le aliquote (più pesanti) vigenti nella Penisola, dedotta beninteso la quota già versata a Berna. Solo in una prima fase è previsto che il carico fiscale resti immutato.
Per i detentori di capitali non dichiarati in Svizzera la firma dell’intesa consente loro fino al 30 settembre di aderire, senza penalizzazioni, alla Voluntary disclosure, regolarizzando così la loro posizione nei confronti dell’Agenzia delle entrate. Le imposte arretrate, a differenza dei precedenti scudi fiscali, vanno corrisposte per intero ma sono previsti sconti sostanziosi a livello di sanzioni. In sintesi vengono dimezzati i tempi di accertamento (5 invece di 10 anni) che di fatto comportano la prescrizione delle posizioni antecedenti al 2009 (per i reati di omessa dichiarazione, autoriciclaggio e quegli altri coperti dalla voluntary disclosure) e le sanzioni ridotte allo 0,5% annuo (in riferimento al cosiddetto modulo RW sui beni all’estero).
Per Berna quali sono i vantaggi?
L’obiettivo principale della Confederazione è quello di essere cancellati dalla blacklist italiana dei paesi non collaborativi su piano tributario. Una situazione che nuoce pesantemente agli operatori finanziari e commerciali, non solo sul mercato italiano. Finora infatti il potenziale cliente italiano che vuole avvalersi dei servizi di un impresa rossocrociata è tenuto a tutta una serie di oneri amministrativi e fiscali che penalizzano il fornitore. È quindi immaginabile che nell’immediato futuro l’economia svizzera guardi con maggiore interesse a sud.
Tutto risolto?
In realtà Padoan e Widmer-Schlumpf firmano il Protocollo di modifica della Convenzione sulla doppia imposizione e una “roadmap” su tutto il resto. Questo significa che per tutte le materie cui abbiamo accennato, al netto della questione della doppia imposizione, sono stati concordati solo alcuni criteri e principi di massima. In concreto le delegazioni dei due paesi dovranno nei prossimi mesi negoziare ancora tutti i dettagli. In particolare sui frontalieri si vuole giungere all’intesa particolareggiata definitiva entro giugno. (spal)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.