Francia, il “processo alla solidarietà” accende il dibattito
Si è aperto giovedì a Gap – ed è subito stato aggiornato a novembre per una "questione prioritaria di costituzionalità" – il processo a carico di due svizzeri e un'italiana, accusati di avere fatto entrare illegalmente in Francia dei migranti. Un processo dalla forte connotazione politica.
Era stata definita “una marcia della solidarietà”. Un corteo composto da un centinaio di persone. Militanti anti-fascisti, No-Tav, sostenitori del gruppo “Briser les frontières” e una trentina di migranti. Lo scorso 22 aprile partono dall’Italia alla volta di Briançon, in Francia. C’è qualche tensione alla frontiera ma il gruppo raggiunge la cittadina dopo aver attraversato il passo del Monginevro.
Una volta finita la manifestazione, gli agenti francesi arrestano e mettono in detenzione preventiva per una decina di giorni tre membri del gruppo. Si tratta di due giovani ginevrini, Theo e Bastien, e di un’italiana, Eleonora. Vengono accusati di aver contribuito “all’ingresso di stranieri in situazione irregolare sul territorio nazionale” con l’aggravante di aver agito in banda organizzata. Rischiano fino a 10 anni di prigione, 750’000 euro di multa e il divieto di entrare sul territorio francese.
Proprio l’aggravante è considerata da molti come una volontà politica delle autorità di fare di questo processo un caso esemplare, al fine di dissuadere da ogni ulteriore tentativo di far attraversare illegalmente la frontiera ai migranti.
Una risposta agli estremisti di destra
La dimensione politica è ulteriormente alimentata dal fatto che la manifestazione del 22 aprile si è tenuta in risposta a un’altra azione, diametralmente opposta: quella messa in atto dal gruppo di estrema destra “Generation identitarie” che pochi giorni prima aveva bloccato il Colle della Scala, a sei chilometri dal confine, definito “un punto strategico di passaggio dei clandestini”.
Quest’azione è oggetto di un’inchiesta da parte della procura di Gap, ma per il momento non ci sono incriminazioni. Per i militanti pro-migranti le autorità usano “due pesi e due misure” in questa vicenda.
Riforma dell’asilo
Come se non bastasse, proprio in questo periodo a Parigi è in discussione un controverso progetto di legge sulla politica d’asiloCollegamento esterno, fortemente voluto dal ministro dell’interno Gérard Collomb, ma che ha evidenziato le divisioni politiche in seno alla maggioranza del presidente Emmanuel Macron. Un mese fa, l’Assemblea nazionale ha approvato in prima lettura la proposta con 228 voti a favore, 139 contrari e 24 astenuti. È stato il testo accolto con meno entusiasmo da quando il nuovo inquilino dell’Eliseo è in carica.
Il punto centrale della modifica di legge, e anche il più criticato, è l’accelerazione della procedura d’asilo. Nella pratica il tempo a disposizione di una persona per presentare una domanda d’asilo è ridotto da 120 a 90 giorni.
Il testo prevede però anche meno severità nell’applicazione e nelle pene legate all’ “aiuto all’entrata o al soggiorno di irregolari” come sancito dall’Art L622-1 Collegamento esternodel codice sul diritto all’asilo.
Il processo ai due elvetici e all’italiana è stato rimandato proprio perché al momento il Consiglio costituzionale francese sta discutendo sulla legittimità di questo articolo, definito dai suoi detrattori “reato di solidarietà”.
La “fraternité” prima di tutto?
Un’altra procedura legale nei confronti di alcuni membri di un movimento pro-migranti (attivo al confine con l’Italia) ha sollevato una questione inedita. L’Art L622 è in contrasto con il principio della “fraternità”, pilastro fondamentale della costituzione francese?
Un responso a questa “Questione prioritaria di costituzionalità” dovrebbe essere reso noto entro agosto. Nell’attesa di quadro legale più chiaro, i giudici del tribunale di Gap hanno dunque deciso giovedì di posticipare il processo ai tre.
Dal caso particolare a dilemmi morali
Le posizioni di chi si esprime sulla vicenda dei “tre di Briançon” ricalcano quelle venutesi a creare recentemente in Ticino, con il caso della deputata del Partito socialista al parlamento cantonale Lisa Bosia Mirra, processata e condannata a una pena pecuniaria per aver aiutato dei migranti ad attraversare illegalmente il confine.
Come allora, il dibattito mediatico si è allontanato velocemente dal caso particolare, per sfociare in domande molto più ampie come: “Bisogna fare di una distinzione tra chi scappa dalla povertà (i “migranti economici”) e chi scappa da una guerra?” oppure: “La politica migratoria europea rispetta i diritti umani?”
+”Morire di fame non è tanto diverso da morire di guerra”
Domande che toccano temi non certo nuovi. Sofocle ha trattato questo dilemma nella sua “Antigone”: le leggi vanno in ogni caso rispettate o è giusto infrangerle in nome di principi che si ritengono più elevati?
Mercoledì ai microfoni della televisione svizzera Bosia Mirra ha detto di essere convinta di aver fatto del bene a persone che si trovavano in difficoltà. Il suo gesto ha avuto però conseguenze sulla sua stessa vita: “Ora è difficile trovare lavoro e ricevo delle minacce”, ha detto. “Anche al Parlamento mi hanno chiesto di dimettermi. Ma non lo faccio. La mia condanna non è disonorevole. Non mi vergogno di essere stata condannata per questo”. Se non altri, Antigone sarebbe stata d’accordo con lei.
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