La Marcia contro la paura che avrebbe dovuto tenersi domenica nel cuore della capitale belga è stata annullata. Gli organizzatori hanno raccolto l’invito delle autorità, preoccupate per la sicurezza dei partecipanti.
Per alcuni un segnale di resa alla strategia del terrore, per altri una decisione di buonsenso. Le istituzioni del paese, nel mirino di aspre critiche, faticano in ogni caso a gestire la situazione.
Doveva essere la riscossa della libertà, della solidarietà, del vivere insieme. Doveva essere un omaggio silenzioso alle vittime, ma anche un chiassoso ritorno alla vita. E invece la marcia contro la paura, così come pensata, non ci sarà. Troppo grandi le preoccupazioni per la sicurezza.
“Considerate le numerose inchieste in corso e le forze di polizia disponibili”, ha detto Yvan Mayeur, sindaco di Bruxelles, “e ritenuto che la priorità assoluta deve essere data alle indagini, invitiamo la popolazione a non manifestare domani”.
Un appello raccolto poco più tardi dagli organizzatori. “Dobbiamo avere fiducia nelle autorità”, ha spiegato uno dei promotori. “Se dichiarano di non poter garantire la sicurezza, noi dobbiamo fermarci”.
Bruxelles continua così a vivere in uno stato di angoscia. Sabato ci sono stati dei nuovi allarmi bomba.
Malgrado gli sforzi, le istituzioni faticano a mostrarsi rassicuranti. Anche perché le polemiche non si placano. Come quella sul ritardo nell’impartire l’ordine di chiusura della metropolitana dopo la prima esplosione all’aeroporto. Quasi un’ora. Venerdì tre ministri sono stati interrogati per ore da una commissione parlamentare sul caso di Ibrahim El Bakraoui, uno dei tre kamikaze.
“Prima di martedì la nostra ambasciata non aveva informazioni su di lui”, riferisce Didier Reynders, ministro degli esteri belga. “I media turchi hanno parlato di una seconda espulsione dalla Turchia nell’agosto 2015. Ma la nostra ambasciata non ne sapeva niente”
Per la capitale europea il ritorno alla normalità è ancora lontano. Posticipata anche la riapertura dell’aeroporto, a martedì.
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