Italia, si vive (e si lavorerà) più a lungo
La speranza di vita alla nascita in Italia è aumentata nel 2016 di 0,4 anni rispetto al 2015, passando a 82,8 anni (85 per le donne, 80,6 per gli uomini) secondo i dati pubblicati dall’Istat martedì. Una buona notizia, che ha però delle conseguenze sul mondo del lavoro. Con tutta probabilità, infatti, aumenterà anche l’età della pensione.
Gli italiani nati nel 2016 possono sperare di vivere 7 mesi più a lungo di coloro nati nel 2013. Secondo il rapporto dell’Istat Collegamento esternosugli indicatori di mortalità della popolazione residente, pubblicati martedì, l’aspettativa di vita alla nascita per gli italiani ha raggiunto gli 82,8 anni: 85 per le donne, 80,6 per gli uomini.
Differenze regionali
Sono 2,7 gli anni che separano le donne residenti in Trentino-Alto Adige, le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto ed è pari a 2,3 anni (81,2 per i trentini-altoatesini, 78,9 per i campani).
Pensione più lontana
La speranza di vita aumenta in ogni classe di età. A 65 anni arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013. A tale età la prospettiva di vita ulteriore presenta una differenza meno marcata tra uomini e donne (rispettivamente 19,1 e 22,3 anni) che alla nascita.
La legge prevede che il governo utilizzi le stime Istat per l’adeguamento dell’età della pensione di vecchiaia e che vari un decreto ministeriale per l’adeguamento automatico. Dal 2019 dovrebbe alzarsi di 5 mesi, arrivando a 67 anni dai 66 e 7 mesi attuali.
Sindacati scontenti
“Quando la speranza di vita cresce si registra, mentre quando cala non se ne tiene conto”, ha detto il segretario confederale della CGIL, Roberto Ghiselli. “Noi chiediamo di modificare radicalmente la normativa rivedendo sia l’automatismo sia il metodo di calcolo, anche tendendo conto dei diversi lavori che si fanno. Chiediamo comunque di bloccare l’automatismo” previsto per il 2019.
Il governo, tuttavia, pochi giorni fa ha ribadito di non voler bloccare la misura, anche per l’alto costo che ciò comporterebbe (141 miliardi di euro cumulati nei prossimi 10 anni, secondo l’Inps).
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