Questa mattina (giovedì) il tribunale londinese – con una sentenza clamorosa – ha accolto le ragioni di un gruppo di cittadini contrari alla Brexit, che, all’indomani del voto referendario, avevano chiesto che fosse Westminster, e non un’iniziativa di Downing Street, ad avviare la procedura formale di divorzio del Regno Unito dall’Unione Europea.
Il Governo si era difeso sostenendo che le “prerogative storiche” e la “volontà popolare espressa chiaramente dal referendum” garantivano un pieno mandato operativo.
Atteso entro la fine di marzo 2017, l’avvio dei negoziati con Bruxelles adesso rischia seriamente di essere rimandato, anche perché l’Esecutivo ha già fatto sapere che si appellerà alla sentenza odierna: toccherà dunque alla Corte Suprema deliberare entro la fine dell’anno.
May si è sempre opposta a qualsiasi coinvolgimento parlamentare, ritenuto un’indebita interferenza che rischia – a suo dire – non solo di rallentare il calendario d’uscita, ma addirittura di compromettere lo stesso buon esito delle trattative.
Ciononostante, di fronte alle crescenti proteste dei parlamentari di tutti gli schieramenti, la Prima ministra aveva concesso loro di poter esaminare preventivamente la sua strategia negoziale, presenziando lei stessa ad un dibattito alla Camera dei Comuni.
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