“Buon inizio” per i negoziati tra Londra e Bruxelles
Sono partite su “toni costruttivi” le trattative per il divorzio tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea.
La prima giornata di discussioni organizzata lunedì a Bruxellex è iniziata su basi ottimistiche. Sia il britannico David Davis che il francese Michel Barnier, a capo delle rispettive delegazioni di negoziatori, parlano di un “buon inizio” e si sono detti determinati a raggiungere l’intesa in tempi brevi.
I due capi negoziatori hanno concordato di fare un round negoziale al mese (individuando le prime date del 17 luglio, 28 agosto, 18 settembre e 9 ottobre) usando il tempo tra l’uno e l’altro per elaborare proposte e scambiarle. In un primo momento ci saranno tre gruppi di lavoro che si occuperanno dei “diritti dei cittadini, conti e altre questioni”, mentre il dossier sulla frontiera irlandese, trattandosi di una questione “più sensibile e complessa”, è stata affidato ai più stretti collaboratori di Barnier e Davis.
Londra sembra aver digerito la trattativa in due fasi – compiere progressi sufficienti su garanzie per i cittadini, impegni finanziari e frontiere dell’Irlanda prima di passare alla seconda fase sulle future relazioni – contro cui si era battuta in un primo tempo. Ma Davis avverte: la questione della partnership futura fa parte del negoziato e “niente sarà concordato fino a quando tutto sarà concordato”, ribadendo anche che il Regno Unito “lascerà il mercato unico e l’unione doganale”.
“Lavoreremo con la Gran Bretagna non contro la Gran Bretagna”, ha promesso dal canto suo Barnier.
Su tutta la complessa partita pesa però la situazione di difficoltà politica in cui arranca Theresa May. La leader che avrebbe dovuto condurre la trattativa col pugno di ferro, e che invece appare sempre più in bilico dopo la batosta elettorale dell’8 giugno, le oggettive difficoltà a formare un governo, la gestione degli attacchi terroristici e l’incendio della Grenfell Tower, che hanno contribuito ad offuscarne la popolarità.
Una fragilità, quella della premier britannica, a cui in molti, nella UE, guardano con preoccupazione. Come avverte il capogruppo del Partito popolare europeo all’Eurocamera Manfred Weber: “Il grosso problema è che non abbiamo idea di cosa vogliono i britannici, sono nel caos”.
Il timore è che la mancanza di un vero mandato politico di May sulla Brexit possa risultare in una situazione di stallo, che allo scadere dei termini previsti dall’articolo 50 (29 marzo 2019), conduca ad un’uscita non concordata del Paese dal blocco: un’opzione non auspicata dai 27, ma a cui oggi, molto più di dieci giorni fa, si guarda, e a cui ci si prepara.
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