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Londra vuole rinegoziare la questione nordirlandese

Lunedì sera la Camera dei Comuni ha dato mandato alla premier britannica di rinegoziare la questione irlandese con l’Unione europea per evitare l’hard Brexit che si sta profilando dopo il prossimo 29 marzo.

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Dopo il voto contrario di Westminster al controverso compromesso con l’Ue Theresa May, che ha sollecitato l’emendamento del conservatore Graham Brady, vuole convincere Bruxelles che l’accordo di divorzio consensuale sarà approvato dal suo parlamento a condizione che il “backstop” – vale a dire la garanzia per l’Europa che non si rimetta un confine rigido tra Belfast e Dublino – venga modificato.

Per i sudditi della regina la clausola di salvaguardia viene interpretata come un attentato alla loro sovranità sull’Irlanda del Nord che di fatto resterebbe nel mercato unico.

Ma sul punto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, seguito da numerose cancellerie europee, ha già fatto sapere che l’intesa stipulata non è suscettibile di rinegoziazione. Da parte sua il negoziatore europeo Michel Barnier è intervenuto nel dibattito sottolineando che la clausola di salvaguardia prevista nell’accordo Brexit è destinata a entrare in vigore solo nel caso in cui Londra e Bruxelles non riusciranno a regolare le loro relazioni commerciali nei successivi due anni all’uscita del Regno Unito dall’Ue.

L’iniziativa britannica insomma sembra un tentativo disperato ma in politica, si sa, nulla è scontato. E soprattutto nessuno, almeno a parole, vuole affrontare i rischi di una separazione disordinata.  

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