L’UE non riconosce le elezioni in Bielorussia
L'Unione Europea non riconosce il risultato delle elezioni del 9 agosto in Bielorussia, che hanno confermato per un sesto mandato il presidente Aleksandr Lukashenko: non sono state libere, corrette e rispondenti a criteri internazionali, ma falsificate. È il messaggio diffuso mercoledì dai presidenti del Consiglio europeo Charles Michel e della Commissione UE Ursula von der Leyen al termine di un summit straordinario sulla crisi nel Paese.
Michel, al termine della videoconferenza di quasi quattro ore, ha annunciato che l’Unione Europea imporrà sanzioni contro i responsabili delle violenze e delle violazioni dei diritti civili in Bielorussia; 53 milioni di euro già stanziati per il Paese saranno tolti al governo.
Tuttavia, benché l’UE voglia “sostenere la società civile”, “per noi è chiaro che la Bielorussia deve trovare da sola la sua strada”, senza interventi “dall’esterno”, ha detto dal canto suo la cancelliera Angela Merkel dopo il vertice. Merkel ha spiegato di aver provato a contattare il leader bielorusso Lukashenko “ma purtroppo la telefonata non c’è stata”. La cancelliera non vede pertanto possibile un suo ruolo di mediatrice nella crisi: “Per mediare serve la disponibilità delle due parti”, ha spiegato rispondendo a una domanda specifica.
In mattinata, la leader dell’opposizione Svetlana Tichanovskaya aveva diffuso un video in inglese nel quale si appella ai leader europei. “Vi chiedo di non riconoscere queste elezioni-farsa”, dice la 37enne ex insegnante, seconda alle elezioni di dieci giorni fa e ora rifugiata in Lituania. Divenuta il simbolo della rivolta contro il presidente Lukashenko -che avrebbe “perso ogni legittimità agli occhi della nostra nazione”- Tichanovskaya chiede di “sostenere il risveglio della Bielorussia”, rispettando la sovranità del Paese e il diritto internazionale.
Intanto, sul fronte opposto a Bruxelles, si schiera la Russia, secondo la quale certe preoccupazioni non sarebbero che un pretesto per espandere la propria influenza a est.
Le dichiarazioni che “sentiamo dalle capitali europee, soprattutto dai paesi baltici, come dalla Polonia e dal Parlamento europeo, tutto ciò non riguarda il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, i diritti umani e la democrazia. Si tratta di geopolitica”, ha tagliato corto il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista a Rossiya 1 TV.
Nel frattempo, in Bielorussia, le proteste proseguono e il presidente Lukashenko -al potere da 26 anni- ha ordinato mercoledì al ministro dell’interno di mettere fine una volta per tutte a quelli che definisce disordini, mettendo anche fine all’apparente distensione degli ultimi giorni.
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